Riso&zucchero

Riso&zucchero

Il riso, insieme al miglio è da tempo immemorabile il cereale di base delle civiltà dell’estremo oriente raccolto allo stato selvatico per millenni e poi messo in coltura.

E. Carnev ale Schianca

In India si cominciò a coltivare il riso già 5000 anni fa e da lì raggiunse la Cina intorno al 2000 a. C. Diversa la situazione in Occidente dove questo cereale faticò a diffondersi, preferendo il grano. Il tragediografo greco Sofocle (497-406 ca.) accenna ad un pane orindes, fatto cioè con farina di riso, ma resta comunque un prodotto di elite e per usi quasi esclusivamente medicinali. Furono gli Arabi che lo portarono in Europa, in Andalusia, ma ancora alla soglia dell’anno Mille, doveva essere una specie di novità, strana e particolare, un grano dai chicchi bianchissimi come lo definisce l’agronomo Abu I-Khayr il quale lo elenca tra i legumi e non tra i cereali.

Forse i primi esperimenti di risicoltura in Italia avvennero nel Trecento nel Milanese e nel Veronese; secondo alcuni cronisti nel 1390 i Visconti di Verona provarono a creare risaie ad Albaredo, non sappiamo con quali esiti. Di sicuro nel 1475 il duca di Milano Galeazzo Maria Sforza regalò ad Ercole d’Este 12 sacchi di riso da semente:

havendone lo illustrissimo duca de Ferrara facto richiedere per mezo del suo ambassadore, che gli vogliamo compiacere de cachi 12 de riso, quale desidera de haverne per seminare in Ferrarese.

Il riso si acquistava dagli speziali e costava molto: nel 1386 a Milano si pagava 14 denari alla libbra come la carne, mentre a Firenze costava il doppio. Negli archivi del monastero di Santa Trinita a Firenze, dagli elenchi degli acquisti si evince che veniva acquistato in poca quantità e solo per la mensa dell’abate per eventi speciali, in occasione dell’arrivo di ospiti importanti e sempre accompagnato dall’acquisto di zucchero che, come vedremo nelle ricette va sempre in coppia con il cereale. La medicina antica non lo conosceva troppo bene: le prime notazioni si trovano nel Tacuinum Sanitatis del XI sec dove viene descritto come facilmente digeribile, quindi adatto anche agli stomaci deboli. Si racconta anche di un riso rosso, ma probabilmente ci si riferisce al riso non decorticato.

Facendo parte della famiglia dei cereali si tentò anche di farne farina per panificare ma l’assenza di glutine lo rende poco adatto alla lievitazione; per questo motivo il suo precipuo utilizzo sarà nelle zuppe, lessato in acqua o in altre liquidi (latte, brodo…) e consumato spesso in abbinamento alle carni secondo la tradizione mediorientale. Nell’Occidente medievale arriva quindi nelle cucine come ingrediente “nobile” per preparare creme e zuppe sempre abbinato a zucchero e mandorle, altri cibi ritenuti medicinali. Moltissime sono le ricette: il riso può essere sostituito dalla sua farina, le mandorle dal latte di mandorla, ma il risultato è sempre molto simile.

La preparazione più famosa è senza dubbio l’internazionale Biancomangiare che si poté degustare sulle tavole ricche di mezza Europa per almeno un paio di secoli, da Londra a Parigi fino in Sicilia. Alla triade riso-mandorle-zucchero si aggiungono pollo o gallina lessa e lardo e si serve come una pappa bianca anche se ci sono varianti allo zafferano, quindi decisamente gialle. Lo storico Terence Scully sostiene che il nome non derivi da Blanc mangier (mangiare bianco) ma da Blant mangier cioè mangiare delicato per indicare una vivanda morbida e nobile. Resta il fatto che il Biancomangiare o Bramangere o Blanc Mangier che dir si voglia ebbe un successo strepitoso viste le occorrenze in tuti i ricettari e ne fanno, a mio avviso, il piatto principe (ed immancabile delle tavole medievali).

Torta del Moro

Se non vi convince l’idea di accoppiare pollo e zucchero potete provare le zuppe dolci, da gustare calde: riso cotto nel latte vaccino o di mandorla, poi pestato e profumato di acqua di rose è una vera delizia. Oppure, procedendo verso il Rinascimento, provate a cucinare le frittelle con riso lessato, farina, zucchero e albumi oppure la torta di riso oggi chiamata torta del Moro, creata, dice la leggenda, dalla sfortunata Beatrice d’Este per il marito Ludovico il Moro, Profumata con l’acqua di rose, considerato un potente afrodisiaco, avrebbe dovuto attirare le attenzioni di un marito troppo occupato in politica.