Banchettando

Il cuoco medievale non era libero di scegliere le pietanze da inserire in un menù: doveva, in primis, ascoltare il proprio padrone, assecondandone i gusti e poi seguire i complicatissimi dettami dei physici:

…il cuoco medievale prendeva decisioni ed operava scelte che richiedevano spesso considerazioni che andavano al di là della mutevole, soggettiva notazione di “arte culinaria”. Egli doveva valutare elementi che avevano a che fare con le teorie sulla natura fondamentale degli ingredienti e in particolare sulle quattro qualità base di ogni cibo.”

T. Scully

La teoria umorale discende direttamente dal medico greco Galeno (II sec. d.C.) e si basa su una concezione della natura secondo la quale tutte le cose esistenti sono composte da una combinazione di due coppie di elementi: caldo e freddo, secco e umido. Anche i temperamenti umani sono soggetti a tali elementi: gli agenti umorali, sangue, flemma, bile gialla e bile nera, sono collegati a loro volta ai quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco. Quindi, ad esempio se una persona ha un temperamento flemmatico, è fredda ed umida e quindi (tornando alla cucina) dovrà nutrirsi preferibilmente di cibi caldi e secchi perché in gioco c’è l’equilibrio degli elementi. Qualora si verificasse uno squilibrio ecco che compare la malattia. Queste teorie, come ben si vede, sono complicatissime! Per questo motivo nelle case signorile c’ era sempre anche un medico impiegato a pieno servizio: alla corte di Borgogna ce ne erano ben sei stipendiati che si occupavano di tutto ciò che veniva cucinato e presentato al duca.

Il coinvolgimento di persone che praticavano l’arte medica nella preparazione del cibo era ben definito nel Medioevo e continuò per tutto il XV sec.

T. Scully

Sulle medesime teorie si basano gli scritti di Hildegarda di Bingen, santa e dottore della Chiesa, vissuta in Germania nel XI sec.

Ildegarda di Bingen da Wikipedia

La vita del cuoco non doveva essere semplicissima, preparare un menù un’impresa complicata ed irta di perigliosi ostacoli… bisognava conoscere con esattezza la natura degli ingredienti e del metodo “giusto” per lavorarli e cuocerli. Ecco alcuni esempi:

  • carne bovina è secca quindi va bollita
  • carne suina è umida, meglio arrostita
  • pesce è umido, meglio fritto o arrosto (es. la lampreda è fredda e umida e va immersa nel vino e poi arrostita

A questo schema, apparentemente semplice, vanno aggiunti altri elementi, come l’età degli animali che, invecchiando, si disseccano; oppure è necessario conoscere a chi sarà destinato quel piatto, se donna o uomo, o giovane o anziano. Importante anche la stagione dell’anno, se fa caldo o freddo. Questa è la teoria, ma penso che la pratica fosse molto meno stringente, almeno stando alle liste delle vivande di banchetti del Trecento: si mangiava moltissima carne, quando era permessa, poca verdura, frutta a fine pasto, generalmente cotta e speziata.

Nel Medioevo si facevano solo due pasti, il più importante dei quali era il pranzo, in genere verso le 12. La cena era più leggera e si consumava al tramonto o al più tardi verso le 19. La colazione era considerata superflua se non addirittura sconveniente; solo lentamente si concesse agli artigiani e contadini un po’ di pane annegato nel vino per offrire qualche caloria corroborante ed utile al lavoro.

Un banchetto “tipo” seguiva grosso modo quest’ordine. Ovviamente parliamo di grandi e ricchi pranzi:

  1. cavoli, lattughe, erbe, frutti e vino speziato
  2. carni leggere, bianche e bollite o pesce
  3. minestre e brodi
  4. carne arrosto o pesce
  5. formaggi
  6. dessert
  7. spezie candite e ippocrasso

Le portate potevano esser 20, 30, 40 a seconda dell’importanza dell’occasione e ogni servizio poteva essere formato da 2 a 7 piatti diversi. Fate voi la moltiplicazione!

Si cominciava con frutta (molto apprezzate le pesche) e verdure leggere perché più digeribili e perché avrebbero aiutato la digestione dei cibi successivi e si termina con le spezie candite con lo zucchero oppure con un bicchiere di Ippocrasso, vino speziato ed addolcito.

Ippocrasso

Il numero dei piatti stupisce noi moderni, ma dobbiamo considerare il fatto che non tutti mangiavano tutto… era una specie di gran buffet dove ognuno si serviva a proprio piacimento. Le conseguenze di ciò sono molteplici:

La principale è che la cucina doveva essere un posto incredibilmente occupato durante i pasti e molto prima di essi. Un simile menù…richiede molta abilità e molta organizzazione. Ci deve essere inoltre una notevole capacità di pianificazione a diversi livelli e inoltre il lavoro contemporaneo di molti aiuti. Ciò significa che la cucina deve essere di una dimensione tale da permettere sia un gran numero di persone di essere occupate in compiti diversi, sia di provvedere spazi o piani di lavoro sotto forma di tavoli, taglieri, pestelli, diversi fornelli.

Una cucina del tardo Medioevo doveva essere veramente il centro di un’attività ininterrotta.

T. Scully