Parliamo di vino. Premetto che sono, ahimè, astemia. Ciò detto, so perfettamente che il vino è la bevanda afrodisiaca per eccellenza; bevanda antica come il mondo, la leggenda vuole che sia stato Noè per primo a piantare una vigna. Nell’antichità, lo si usava per onorare i defunti o gli dei ed era parte integrante del rito del banchetto.
“Tutti i vini greci…avevano un sapore aspro e resinato, perché erano tenuti chiusi in anfore sigillate con la resina. Per questo motivo…non si beveva mai vino puro, ma lo si mescolava con l’acqua. Inoltre…veniva aromatizzato con miele, timo o altre spezie.” A.Ferrari
All’inizio della cena i romani amavano cominciare con il Mulsum, un vino mielato; poi si passava ai vini più pregiati, tra i quali il mitico Falerno che Virgilio loda come il migliore nelle Georgiche.
Plinio cita più di 150 tipi di vini diversi a disposizione nelle cantine dei ricchi signori: oltre al Falerno, il Cecubo, il Fundano, l’Opmiano, il Priverno e moltissimi altri. Il dio che presiede alla raccolta delle uve e alla loro trasformazione in vino, è Bacco/Dioniso con il suo corteo di satiri e baccanti; dove arriva provoca turbamento e scompiglio.
Nel Medioevo continua la tradizione di edulcorare i vini e di aggiungervi spezie. Le tecniche di conservazione non erano molto efficaci, quindi si beveva per lo più vino novello. I vini preferiti erano cinque: greco, malvasia, trebbiano, vernaccia e moscatello.
Il vino aromatizzato prende il nome di Polvere di Ypocras, o Ippocrasso, dall’etimologia incerta, forse con riferimento al medico Ippocrate. Nel convito per le nozze di Costanzo Sforza nel 1475, si parla di una bevanda dignissima la quale è chiamata Ypochrate.
Nei ricettari non ci sono molte ricette per la sua preparazione essendo di competenza degli speziali e non dei cuochi. Era anche ritenuto un ottimo medicinale, molto costoso, ma proprio per questo, ritenuto più efficace.
Le ricette più interessanti arrivano dalla Francia e dall’Inghilterra, dal Menagier de Paris e dal Form of Cury, testi del XIV secolo. A Parigi si chiama pouldre de duc e si utilizzano fiori di cannella, zenzero, grani del paradiso, noce moscata, galanga e zucchero. Al sud, a la mesure de Besiers, Carcasssonne ou Montpellier si aggiungono chiodi di garofano.
Quindi, riassumendo: per una cena romantica non si può pensare di non bere vino. Se poi si aggiungono le spezie che sono altamente afrodisiache, il gioco è fatto!
Unico avvertimento rimane quello che ci ricorda il poeta Alceo nel V sec. a. C.
“Si, il vino è per gli uomini uno specchio…”
Attenzione a quel che potrete vedere riflesso….