Estemporanee avventure gastronomiche

casatelle messi (2)

Cristoforo “Messi detto Sbugo (come si legge in documenti autografi) nacque a Ferrara sul finire del ‘400, sembra da una famiglia originaria delle Fiandre. Grazie al matrimonio con la nobile Agnese di Giovanni Gioccoli occupò importanti incarichi presso la corte degli Estensi, in veste di amministratore di fondi ducali e soprattutto in qualità di scalco, così da meritare il titolo di Conte Palatino, concessogli dall’imperatore Carlo V nel gennaio del 1533.”   (da Taccuinistorici.it)

L’anno dopo la sua morte, nel 1549 venne pubblicata la summa del suo lavoro in cucina, “Banchetti, compositioni e vivande” testo che ebbe un tale successo da essere ristampato dieci anni dopo in una versione, diremo oggi, rinnovata ed anche allungata, “opera assai bella e molto bisognevole a maestri di casa, a scalchi, a credenzieri e ai cuochi…aggiuntovi di nuovo il modo di saper tagliare ogni sorte di carne e uccellami, con la sua tavola ordinata, ove agevolmente si troverà ogni cosa.”

I banchetti delle Corti Rinascimentali erano grandiosi. La corte di Ferrara era singolarmente avvantaggiata nelle sue possibilità di spesa, possedendo il monopolio della frutta e della cacciagione per tutto il ducato. Non esisteva poi alcuna separazione tra la cassa privata dei duchi e quella dello stato. In occasione di feste e banchetti i duchi tassavano la popolazione per far fronte alle spese ingentissime.

Cattedrale di Aosta
Cattedrale di Aosta

Durante i festini, e nell’attesa tra una portata e l’altra, i convitati erano rallegrati da musiche, canti e danze. E’ da sottolineare la particolare attenzione con cui il Messisbugo annota i fatti artistici che si svolgono a corte. Questa attenzione lo indica uomo di notevole gusto e cultura, in lui c’era il senso del banchetto come occasione di fasto e grandezza; e lo splendore dei cibi era posto sullo stesso piano di quello degli apparati, delle musiche, delle recite di farse e commedie: “…il banchetto ch’io facevo era tutto ombra, sogno, chimera, fintione, mettafora e allegoria.”

Cattedrale di Aosta
Cattedrale di Aosta

Chi sappia leggere con attenzione queste ricette e ritoccarle di propria iniziativa vedrà nel libro non soltanto un documento originalissimo del costume delle Corti, ma un sollecitatore di estemporanee avventure gastronomiche.

Mi sono troppo dilungata. Vi propongo comunque un’avventura gastronomica già fatta, ma pur sempre interessante. Sono le casatelle rinascimentali, contemporanee di quelle del Panonto, ma leggermente diverse.

A fare dieci piatti di casatelle, overo dieci Tortelle

Per la pasta: 350gr. farina        2 tuorli            60gr. burro fuso              90gr. zucchero              zafferano         3 cucchiai di acqua di rose

Per il ripieno: 100gr. di mascarpone          100gr. ricotta     2 uova        75gr. zucchero     75gr. uvetta    30 gr. burro fuso     3 cucchiai di acqua di rose      pepe, cannella, zafferano    zucchero e burro fuso per rifinire

Impastare tutti gli ingredienti per la sfoglia, facendo un composto sodo da stendere. Intanto mettete nel mixer i formaggi con le uova, le spezie, il burro e l’acqua di rose, frullate per avere un composto liscio. Poi aggiungete l’uvetta e lasciate riposare in frigorifero per un’oretta.

casatelle messi

Stendere la pasta e con la rotella fare dei ravioloni da farcire con il ripieno “et haverai un bussolo grande da tagliare le dette spoglie, come sono quelle da Tortelli, poi le metterai il battuto sopra, lasciandogli tanta pasta intorno che tu le possi spicicare.” Messisbugo dà libera scelta se farle aperte o chiuse; io ho preferito farle aperte solo per motivi estetici.

Poi le metterai in una tiella onta, e le porrai a cuocere nel forno, o sotto il Testo, e come saranno quasi cotte, gli porrai sopra oncie sei di zuccaro, e poi le finirai di cuocere, e volendo le potarai fare in guisa di tortella, con due spoglie, cioè una di sotto, e una di sopra, e grandi e picciole come vorrai.”

casatelle

Si mettono in una teglia unta di burro e si cuociono in forno caldo a 180° per una decina di minuti, poi si cospargono di zucchero e si tengono in forno per altri cinque minuti.

 

 

 

Le note storiche sono tratte da Cucina Rinascimentale di A. Fabbri