L’albero del pane

L’albero del pane

Classe 1938. Nei suoi ricordi di bambino la guerra è molto vicina e molto presente. Nei suoi occhi ancora la paura dei morti ammazzati e di quei soldati tedeschi tanto simili a quelli italiani. E poi la fame. “…e chi aveva mai visto dei biscotti! La sera polenta con contorno di polenta!”

Anche mio padre, classe 1933, ricordava la fame, quella vera, che non ti fa dormire e poi i sonni agitati sognando cioccolato e caramelle. Nel Medioevo la fame era la prima lezione che si imparava.

L’Occidente medievale è innanzi tutto l’universo della fame. La paura della fame, e troppo spesso la fame stessa, l’attanagliano…Il peggio forse in questo regno della fame è che esso è nello stesso tempo arbitrario ed ineluttabile. Arbitrario perchè legato ai capricci della natura. Causa immediata della carestia, è il cattivo raccolto.

Senza dubbio la fame è propria dell’uomo. E’ il riscatto del peccato originale.

Jacques Le Goff, Il bel Medioevo

Quando il grano scarseggia (spesso) e quindi il pane, in molti territori si sostituisce con un altro pane, il pane di montagna, cioè la castagna.

Di nuovo i ricordi di mio padre si intrecciano ai miei studi e alle mie letture: polentina di castagne cotta nel latte quando c’era, castagnacci cotti nel forno a legna e castagne fresche lessate che riempivano bene la pancia.

Migliaia de’ nostri montanari di questo frutto si cibano in luogo del pane, il quale o non mai, overo di rado, veggono.

Giacomo Castelvetro, Brieve racconto… 1614

Ed è proprio dell’Appennino toscano di cui si parla, ma anche nella Lombardia, in Emilia Romagna e altrove. Le castagne avevano il pregio di mantenersi a lungo fresche, oppure essiccate, se ne poteva anche ricavare una farina buona per fare il pane. Di nuovo Castelvetro:

i più, cocendole, le arrostiscono, poste in una padella pertugiata sopra la vampa del fuoco, o sotto le calde ceneri e con sale e con pepe… avendole fatte un poco in acqua assai calde stare, levano da quelle la seconda corteccia e poi ne fan diversi mangiari, cocendone nel fior di latte e son molto buone.

G. Castelvetro

Anche secondo le regole del Tacuinim Sanitatis la castagna è buona solo se arrostita e mangiata con un buon vino, stimolano l’appetito e curano la nausea.

Vincenzo Tanara, agronomo, contemporaneo di Castelvetro suggerisce di cuocerle nel vino o di unirle alle zuppe, uso questo più antico, riportato già nel Liber de Coquina, in una ricetta di un brodo di ceci.

Ho ritrovato un po’ di farina di castagne…quindi mi cimenterò in una frittella con acqua di rose.

Castagnacci alle rose

Sono delle semplici frittelle fatte con farina di castagne. Allora…circa 250 gr. di farina, si aggiunge un cucchiaio di parmigiano o grana grattugiato e dell’acqua di rose fino ad avere una pastella fluida. Si fa spumeggiare del burro in una piccola padella e si versa a filo un po’ di pastella che subito tenderà ad addensarsi. Si rigira delicatamente per far cuocere dall’altra parte e si serve calda.

Sono molto profumate e l’accostamento castagne/rose è molto interessante. Da noi usa accompagnare con una cucchiaiata di una freschissima ricotta vaccina.