A come Amaretto

A come Amaretto

 

“Pasticcino composto di zucchero, farina e mandorle dolci, dalla forma rotonda od ovale, piatto.” A. Dumas, 1873

Dunque cominciamo a parlare di mandorle:

“Il nome greco (della mandorla), che non ha nulla in comune con le denominazioni orientali, potrebbe indicare che i greci conobbero direttamente la mandorla, trovandola allo stato selvatico forse in Asia Minore.”

Prova ne sia il fatto che i romani anticamente, la chiamavano noce greca, nux graeca, prima di adottare il termine amygdala. Le migliori arrivavano da Taranto. Dal Medioevo fino almeno al XVI secolo, la maggiore produzione si attesta in Puglia dove si coltiva la pregiata varietà ambrosina (termine che appare per la prima volta nel 1477), alludendo, forse, alla soavità del suo sapore, richiamando alla mente l’Ambrosia, il mitico cibo degli dei.

La cucina medievale non può essere senza l’onnipresente mandorla; base di salse famose, come la camelina, addensante per zuppe, usata come ripieno nei tortelli e soprattutto ingrediente fondamentale nella preparazione del marzapane: “pasta soda di mandorle macinate con lo zucchero; è indubbio che si tratti di una specialità orientale, approdata in Europa negli ultimi secoli del Medioevo, inizialmente come prodotto già confezionato, e subito battezzata con il nome del recipiente che la conteneva. Marzapane deriverebbe da martaban, nome generico del vasellame di porcellana prodotto nell’omonima città indiana.” Praticamente tutti i ricettari medievali ne parlano e la ricetta è sempre la stessa. Secondo l’Anonimo Padovano del XV sec. il marzapane si confeziona con mandorle spellate, pestate finemente e bagnate con acqua di rose, lo stesso peso di zucchero, e altra acqua utile a creare un impasto morbido e cremoso. Il composto si versa in una teglia foderata di nebule che siano fatte con zucharo e aqua roxata e poi si mette in forno. Stessa ricetta per i frati dell’Abbazia di Morimondo, che però dimezzano le dosi dello zucchero (forse per risparmiare?) Dimenticavo il preziosissimo latte di mandorla, ottenuto dall’ammollo in acqua, un liquido lattiginoso che andava a sostituire il latte vaccino nei numerosi giorni di magro. L’antenato dell’amaretto potrebbe essere il pinochiato, biscottino a base di pinoli, che veniva servito ad inizio o fine banchetto. Non c’è traccia di ricette nei manoscritti fino all’Epulario di G. Del Turco del 1602; forse venivano acquistati e non cucinati dal cuoco.

Ricetta sfiziosa a base di mandorle e pinoli per fare delle tortelle del cuoco Messisbugo:

 

Per la crosta: 300 gr. di pasta rinascimentale

Per il ripieno: 200 gr mandorle, 40 gr. pinoli, 40 gr. zucchero tutto passato al mixer

40 gr. pinoli, 40 gr. uvetta, 2 tuorli, 50 gr. burro fuso, acqua di rose q.b

3 albumi per “inrosellare

Con la pasta rinascimentale foderate degli stampi da tartelletta da 10 cm di diametro.

Unire tutti gli ingredienti per il ripieno e farcire gli stampi.

Montare pochissimo con una forchetta gli albumi e versarne a cucchiaiate sulle tortine. Cuocere in forno già caldo a 180° per una mezz’ora.