Il primo cibo

Il primo cibo
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“..ex omni genere durissimum far et contra hiemes firmissimum. patitur frigidissimos locos et minus subactos vel aestuosos sitientesque. primus antiquis Lati<i> cibus, magno argumento in adoriae donis, sicuti diximus.”

Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia ( I sec. d.C.) definisce il farro “primus cibus” il più antico degli alimenti; chiamato anche spelta, costituiva la base dell’alimentazione delle comunità che fin da tempi remoti hanno popolato l’Italia (Etruschi, Latini, Umbri, Sabini e Volsci) e non solo. Infatti  a Jarmo, il più antico villaggio scoperto fino a oggi, situato sulle colline dell’Iraq, sono stati trovati chicchi di frumento carbonizzati che risalgono a 6750 anni fa e che mostrano una notevole somiglianza con chicchi di farro. Nell’antica Roma questo tipo di frumento molto rustico, dalla spiga piccola, divenne di uso comune; con la farina si facevano delle focacce che gli sposi si scambiavano durante la cerimonia nuziale, come buon auspicio. E’ la “confarraetio”, appunto da  “far“, farro, da cui deriva anche il termine “farina”. Botanicamente il farro appartiene al genere Triticum di cui fanno parte molte specie fra cui il Triticum vulgare (grano tenero), il Triticum durum (grano duro) e il Triticum speltum (il farro). Come spiega Plinio è un cereale “durissimo e resistentissimo contro gli inverni..sopporta luoghi freddissimi…ventosi e secchi.”

Tacuinum Sanitatis-Spelta www.godecookery.com
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Il farro è stato anche il cereale più vicino alla “nascita” dell’agricoltura. I nostri antenati impararono a riconoscere e raccogliere (e successivamente seminare) le piante di farro (Triticum Monococcum) i cui semi non cadevano durante il trasporto (Triticum Baeoticum). Questa selezione (non era l’unica) diede vita alla necessità dell’intervento umano per far germogliare le nuove piante…era nata l’agricoltura.

Pasquale Sarnataro, Il cuoco delle Menadi, Archeocucina a Napoli, esperto di cucina antica

Nel Medioevo, il farro continua la sua fortuna, almeno fino al XIII secolo perchè, per gli alti costi di produzione, il grano tenero rimane appannaggio dei ricchi, soprattutto nel nord Italia.

Per la dietetica medievale, il farro è un buon alimento; nel Tacuinum Sanitatis si dice che “giova al petto, ai polmoni e alla tosse” ma “nuoce allo stomaco e nutre meno del frumento.” Il rimedio? Mangiarlo condito con semi di anice.

Ildegarda di Bingen, invece, nella sua “Phisica Natura“, consiglia vivamente di mangiare farro:

Spelta optimum granum est, et calida, et pinguis et virtuosa est, et suavior aliis granis est, et eam comedenti rectam carnem facit, et rectum sanguinem parat, atque laetam mentem et gaudium in mente hominis facit; et quomodo comedant, sive in pane, sive in aliis cibis, bona et suavis est.”

Un ottimo grano che rende la “carne recta“, mente lieta e dà gioia a chi lo mangia, sia sotto forma di pane o in altri cibi. Segue una piccola ricetta, o meglio un consiglio per chi è malato:

 “Et si quis ita infirmus est quod prae infirmitate comedere non potest, accipe integra grana speltarum, et ea in aqua coque, sagimine addito, aut vitello ovi, ita ut propter meliorem saporem libenter comedi possit, et da hoc infirmo comedendum, et eum, ut bonum et sanum unguetum, interius sanat.”

Si tratta di una zuppa di farro lessato, condito con “grasso” (olio), ispessito con tuorli, come si usava fare per rendere le zuppe più cremose. Questo brodo, risana le malattie “dall’interno” come “un buono e sano unguento”.

Se, invece siete in buona salute preparatevi dei buoni biscotti seguendo la ricetta di Ildegarda:

Biscotti alle mandorle

250 gr farina di farro         100 gr. burro           80 gr mandorle tritatissime    2 tuorli    100 gr miele             mezza bustina di lievito    un pizzico di sale   cannella-noce moscata-chiodi di garofano  ( in polvere)

Sciogliere sul fuoco molto dolce il miele con il burro. Quando si è intiepidito unire gli altri ingredienti e fare una palla. Avvolgere con la pellicola e mettere in frigorifero per una mezz’ora. Poi stendere la pasta un po’ spessa e ritagliare i biscotti. Cuociono in una decina di minuti in forno caldo a 200°.

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