Le cipolle, panacea di tutti i mali

Le cipolle, panacea di tutti i mali

In ogni stagione dell’anno, e fresca e stagionata, e perfetta e con le foglie, e cotta e cruda, e per insalata e per companatico e condimento, e in menestre e in torte e in molte altre sorte di vivande comode al vitto humano, ne vien prima la cipolla

Costanzo Felici, Del’insalata e piante che in qualunque modo … 1572

Parliamo di cipolle, panacea di ogni male, almeno stando alle parole di Plinio. Nella “Naturalis Historia” le consiglia per curare un esercito di malanni: dalle ulcere alla bocca (ulcera oris sanare commanducatae cum pane) se mangiate con il pane, alle ferite da morsi di cane (canis morsus virides ex aceto inlitae aut siccae cum melle * * * et vino) se intinte nell’aceto o, secche, nel miele, dal dolore ai denti (in dolore quoque ad dentes), al male di schiena, fino a curare alopecia e psoriasi. Secondo la scuola di Esculapio, mangiate a digiuno preservano a lungo la salute. Insomma un vero e proprio toccasana! Certo l’alito ne risente, ma non si può avere tutto…

La tradizione continua fino all’XI sec. Infatti nel Regimen Sanitatis dell ‘XI sec. si riportano quasi le stesse prescrizioni: le cipolle sono utili per lo stomaco, fanno venire un bel colorito e sfregate sulla testa calva fanno ricrescere i capelli; un po’ più di prudenza devono avere i cholerici ai quali la cipolla non fa bene, come dice Galeno ed è sconsigliata alle nutrici perchè, già lo si sapeva, altera il gusto del latte materno.

Bartolomeo Boldo, medico bresciano, nel 1575 nel Libro della natura et virtù delle cose che nutriscono e delle cose non naturali, scrive che fa male mangiarne troppa e quindi va mangiata con moderazione altrimenti si rischia mal di testa, annebbiamento della vista e sonno profondo. Lo riteneva anche Savonarola che nel 1515 raccomanda:

offusca molto lo intellecto. Imperhò non è pasto da doctori nè da quelli che hano adoperare molto qualsiasi studio.

Il Medioevo è comunque pieno di cipolle; i contadini ne mangiano moltissime , per lo più crude, i frati ne fanno zuppe, i ricchi le mangiano cotte e nobilitate. Addirittura ci si pagava l’affitto o la decima alla chiesa.

Ne parla Boccaccio nel Decameron: ricordate Frate cipolla? A Certaldo se ne coltivava una specie

famosa per tutta la Toscana

Decameron,VI,10

Probabilmente la coltura della cipolla venne migliorata grazie all’apporto degli arabi in Sicilia intorno al mille: rossa tonda, bianca tonda e una lunga.

Oltre che in cucina la si poteva usare anche per altri scopi: Gabriele Falloppio, medico modenese vissuto nel ‘500, dà la ricetta di un’acqua che fa belle le donne: cipolla tritata, argento vivo, olio e acqua di rose.

Tacuinum Sanitatis Cipolle www.godecookery.com
Tacuinum Sanitatis
Cipolle
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Fondamentale insieme all’aglio contro le streghe e gli spiriti maligni. Si usava per sapere quale fosse il miglior pretendente, incidendo i nomi dei pretendenti su alcune cipolle e aspettando il germoglio. Il prescelto era colui il cui nome si trovava sul frutto che germogliava per primo. Siccome cresce sotto terra è legata al regno degli Inferi.

Nel Tractatus trecentesco c’è una buona ricetta per una zuppa di cipolle, che può essere fatta anche con i porri, si vis. In questo caso, il sapore sarà più dolce e meno intenso.

“Dequoque cepas in aqua bene a corticibus purgatis. Confringe
bene cum cocleari in ipso potto ereo. Quo facto, impone porci, vel
butirum recens, vel lac amigdalarum, vel aliud brodium. Si vis, colora
croco et cetera.”

Zuppa di cipolle

500 gr cipolle, 50 gr burro, 4 cucchiai di olio EVO, mezzo lt brodo vegetale, mezzo lt latte di mandorle,  sale q.b., 1 cucchiaio di farina e 1 bustina di zafferano

Tagliare le cipolle a fette sottilissime e far rosolare a fuoco dolcissimo in un tegame con burro e olio. Quando saranno diventate trasparenti, setacciarvi la farina, mescolando. Aggiungere lo zafferano sciolto nel brodo e il latte di mandorle e cuocere per una mezz’ora o più, fino a raggiungere la consistenza giusta; aggiustare di sale e servire calda. Nella ricetta originale, le cipolle vengono pre-lessate, ma ho saltato questo passaggio, preferendo cuocerle in padella con la parte liquida. La farina aiuta ad ispessire la zuppa.

Zuppa di cipolle rosse
Zuppa di cipolle rosse

Sempre in tema di cipolle, mi è venuta in mente una ricetta per le cipolline borretane; questa varietà prende il nome da Boretto, un comune in provincia di Reggio Emilia, in cui veniva coltivata fin dal 1400. Questa è una ricetta di Messisbugo della metà del ‘500.

Cipolle in tiella

500 gr cipolline pulite, farina per infarinare,pepe nero in grani, 50 gr. burro, olio EVO q.b.  e sale

Lessare le cipolline in acqua bollente salata finchè siano morbide. Farle raffreddare ed asciugare poi infarinatele. Rosolarle in una teglia con olio e burro e pepe; finire di cuocere in forno a 200° per circa venti minuti.

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