Dar l’offa al Cerbero
Il parmigiano o parmesano, è uno dei formaggi di latte vaccino più rinomati. Il momento decisivo per la sua affermazione commerciale è il ‘300:
“Pisa e Livorno, e poi Genova sono i principali punti di smistamento verso i numerosi mercati del Mediterraneo; nel sec. XIV è sicuramente riconosciuto come il miglior prodotto caseario italiano, emblema della buona tavola e del lusso alimentare; la montagna del paese di Bengodi si immagina tutta di formaggio parmigiano grattugiato (Decameron, VIII, 3,9) ed i monaci di Santa Trinita, per fare un dono di pregio all’abate di Monte Piano in visita al monastero il 3 febbraio 1359 si procurano sei libbre e mezzo di cascio parmigiano. Forme grandissime intere dorate e dipinte, vengono poste in tavola al banchetto nuziale di Costanzo Sforza (metà ‘400).”
Numerose ricette riportano il parmigiano o caso secco, in genere grattugiato: come unico e prezioso condimento di maccheroni, aggiunto a polpette varie o nei ripieni di torte e ravioli. Tenendo presente che nella cucina medievale non ha molto senso parlare di pietanze dolci o salate, spesso il parmigiano si ritrova nei ripieni con zucchero ed elementi per noi, dolci. Esempio perfetto le offelle:
“Offella, diminutivo di offa (boccone o focaccia), codificato dal XV sec. nel lessico culinario come una varietà di pasta ripiena.”
La prima ricetta di queste pasticciotti è di Mastro Martino da Como; siamo alla metà del 1400: una sfoglia como quella di fare lasangne, si farcisce con bon caso parmesciano che non sia troppo vecchio, et un pocho d’altro cascio frescho et … bianchi d’ova, dell’uva passa integra, de la canella, del zenzevero, et un pocho di zafrano…. et liga le ditte offelle in questa pasta, facendone grande, mezane o picchole como ti piace, daendoli di sopra colore giallo di zafrano, o de qualuncha altro colore che ti piacesse.
La stessa ricetta, si ritrova cent’anni dopo nelle due maggiori opere culinarie rinascimentali: “Banchetti” di Messisbugo e “Opera” di Scappi. Il ripieno è identico: formaggio grasso vaccino, parmigiano, uvetta, uova, zucchero e spezie. La pasta che lo contiene è molto simile e assomiglia alla moderna pasta sfoglia. Il Platina, gastronomo erudito della metà del ‘400, nel suo libro “De honesta voluptate et valetudine” traduce la ricetta pari pari, ma conclude parum tamen alunt, tarde concoquunt, oppilationes inducunt e calculos creant, insomma le offelle sono poco nutrienti ed indigeste, producono oppilazioni e calcoli. Non diamo troppo retta al Platina e prepariamo questi ottimi tortelli.
Offelle di Messisbugo
Ripieno: 170gr. mascarpone 85 gr. parmigiano grattugiato 1 uovo 4o gr. uvetta 40 gr. zucchero 20 gr. burro fuso 3 cucchiai di acqua di rose pepe (tutto ben amalgamato)
Sfoglia: 380gr. farina 2 tuorli acqua q.b. 30 gr. burro fuso più altri 80gr.
Si impasta la farina con i tuorli e il burro fuso e un po’ d’acqua. Si stende e si pone sopra metà burro. Si impasta e si stende. Si riaggiunge l’altro burro, si impasta e si stende come per la sfoglia. Si piega su se stessa e si ristende sottile.
A questo punto tagliare dei cerchi di circa 5cm di diametro, farcire e ripiegare a calzone.
Cuocere in forno caldo a 180° per una ventina di minuti.
Offelle di Bartolomeo Scappi
Ripieno: 350gr. mascarpone 75 gr. parmigiano grattugiato 3 uova intere 40 gr. uvetta fatta rinvenire un’ora nel vino bianco 50 gr. zucchero cannella zafferano (tutto ben amalgamato)
Sfoglia: 250 gr. farina 250 gr. burro morbido un pizzico di sale oppure della sfoglia già pronta
Impastare farina e burro con il sale, amalgamando molto bene. Far raffreddare in frigorifero per un’ora. Poi si fanno i tortelli, come sopra.
Prima di infornare si colorano con acqua in cui è stato sciolto dello zafferano. A metà cottura si riprendono e si colorano ulteriormente con un tuorlo sbattuto. Si servono calde. Questa pasta è molto friabile e decisamente difficile da lavorare. La sfoglia pronta non è proprio rinascimentale, ma più gradevole.
Il termine offella è arrivato fino al XIX sec. se Artusi alla fine dell’800 così scrive:
“La parola offella è del dialetto romagnolo e, se non isbaglio, anche del lombardo, e dovrebbe derivare dall’antichissima offa, focaccia, schiacciata composta di farro e anche di varie cose. Dar l’offa al Cerbero è una frase che ha il merito dell’opportunità parlandosi di coloro, e non son pochi oggigiorno, che danno la caccia a qualche carica onde aver avuto modo di riceverla e mangiar sul tesoro pubblico a quattro ganascie. Ma torniamo alle offelle, che sarà meglio.”Sembra scritta ieri…
Le offelle artusiane sono dei ravioli tondi del diametro di circa 5 cm. di pasta frolla ripieni di mele lessate e frullate, addolcite con zucchero, con canditi e cannella.
Molto buone e profumate. Ovviamente nulla a che vedere con quelle rinascimentali, se non nel nome.
Le note storiche sono tratte da “La cucina medievale” di E. Carnevale Schianca