Hortus simplicium

Orto botanico di Padova www.rosesfanees.it
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Nel Medioevo vennero creati per la prima volta gli Horti simplicium o Medici, cioè gli orti dei medicamenti semplici, di solito nei giardini dei monasteri; fiori, radici, foglie e cortecce venivano usati per produrre cataplasmi, tisane o unguenti medicamentosi. Il primo a lasciare una classificazione scritta di piante medicinali, fu Ippocrate (460 a.C.- 377 a.C.) seguito poi da Plinio il Vecchio (23 d.C.-79 d.C.), che ne elencò ben mille e Dioscoride (40 d. C.- 90 d.C.), che ne catalogò nel “De Materia medica” circa 600.

I giardini, che sorgevano all’interno della cinta muraria degli insediamenti conventuali, erano distinti tra loro: c’era l’area riservata alla coltivazione delle piante medicinali e l’orto dove crescevano le erbe aromatiche, mentre un’altra area era riservata agli alberi da frutta. Così scrive San Benedetto da Norcia nella sua Regola (VI sec.):

Monasterium autem, si possit fieri, ita debet constitui ut omnia necessaria, id est aqua, molendinum, hortum, vel artes diversas intra monasterium exerceantur, ut non sit necessitas monachis vagandi foris, quia omnino non expedit animabus eorum.

Il monastero, se possibile, deve essere costituito in modo che ci sia ogni cosa necessaria, cioè acqua, un mulino, un orto, si esercitino varie arti all’interno del monastero, cosicchè non ci sia la necessità per i monaci di vagare all’esterno poichè ciò non giova per niente alle loro anime.

Quali erbe erano coltivate in questi horti?

Capitulare de villis, di epoca carolingia, forse di mano dello stesso Carlo Magno, VIII sec:

Volumus quod in horto omnes herbas habeant, (vogliamo che nell’orto ci sia ogni specie di erbe): id est lilium, rosas, fenigrecum, costum, salviam, rutam, abrotanum, cucumeres, pepones, cucurbitas, fasiolum, ciminum, ros marinum, careium, cicerum italicum, squillam, gladiolum, dragantea, anesum, coloquentidas, solsequiam, ameum, silum, lactucas, git, eruca alba, nasturtium, parduna, puledium, olisatum, petresilinum, apium, levisticum, savinam, anetum, fenicolum, intubas, diptamnum, sinape, satureiam, sisimbrium, mentam, mentastrum, tanazitam, neptam, febrefugiam, papaver, betas, vulgigina, mismalvas, id est altaea, malvas, carvitas, pastenacas, adripias, blidas, ravacaulos, caulos, uniones, britlas, porros, radices, ascalonicas, cepas, alia, warentiam, cardones, fabas maiores, pisos mauriscos, coriandrum, cerfolium, lacteridas, sclareiam.

In questa lunga lista ci sono, insieme a vari erbaggi e fiori, le erbe aromatiche più usate in cucina: salvia, ruta, rosmarino, l’anice, la nigella, il prezzemolo, il sedano, il levistico, il ginepro, l’aneto, la senape, la menta, il mentastro, il papavero, la malva, le cipolle, l’erba cipollina, i porri, il rafano, lo scalogno, l’aglio, il coriandolo, il cerfoglio.

Ruta  www.agraria.org.
Ruta-
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Le foglie fresche di ruta venivano usate per insaporire carni e pesci.
Si riteneva fosse utile per scacciare la paura e quindi se ne mettevano delle foglie in tasca, per affrontare situazioni pericolose.

La nigella era utilizzata per i semi neri contenuti nei suoi frutti; hanno un sapore amaro e pungente e servivano per arricchire doli e biscotti.

Nigella sativa  Wikipedia
Nigella sativa
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Le foglie del levistico ricordano quelle del sedano, anche nel sapore. Si utilizzavano per insaporire brodi e carni stufate.

Levistico Wikipedia
Levistico
Wikipedia

Del coriandolo si usavano le foglie al posto del prezzemolo o del cerfoglio, mentre i semi, dal profumo di limone, aromatizzavano carni, pesci, ma anche biscotti. Un discorso a parte merita il papavero:

“Il pane veniva aromatizzato ed arricchito con semi di sesamo, di anice, di finocchio, di comino, di papavero selvatico e sativus” quindi “l’uso dei semi di papavero nelle farine non era una novità ma una normale convenzione culinaria… Le principali varietà di papavero venivano coltivate su scala industriale per usi alimentari. La cucina e la spezieria, la cuoca di casa e l’apotecario lo adoperavano massicciamente. Balie e lattanti lo consumavano in abbondanza. Sonno ed euforia dovevano essere alla portata di tutti, anche dei più piccoli…Anche l’età preindustriale ha conosciuto strategie politiche alleate alla cultura medica, sia per smorzare i morsi della fame, sia per contenere i furori della piazza….I tentativi più interessanti…si indirizzano verso la confezione di pani truccati, leggermente allucinanti e blandamente stupefacenti, come quel “pane papaverino”…che finisce col prendere un inusitato ed inquietante posto fra i rimedi succedanei al pane di frumento.” Piero Camporesi da “Il pane selvaggio”

www.godecookery.com
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