Ars medica e horti conclusi

Ars medica e horti conclusi

L’utilizzo delle piante a scopo terapeutico è antichissimo. Sicuramente già nella Preistoria gli uomini si curavano con erbe che, casualmente avevano scoperto avere effetti medicamentosi. Il primo erbario che è giunto fino a noi arriva dalla Cina ed è datato al 2800 a.C. forse compilato addirittura da un imperatore considerato il padre della medicina cinese. Dall’estremo Oriente le tracce di erbe e piante si ritrovano nei papiri egiziani del II sec. a.C. Il più antico manoscritto sull’argomento è un papiro (1550 a.C.) che G. M. Ebers, egittologo e romanziere tedesco acquistò da un arabo che lo aveva trovato tra le ginocchia di una mummia. Contiene circa 700 ricette per differenti malattie. Anche nel codice di Hammurabi ci sono preziose prescrizioni mediche. Le tavolette cuneiformi della civiltà assiro-babilonese, citano la belladonna, la canapa indiana, l’oppio, la cassia, e accennano a circa 250 prodotti medicinali di origine vegetale riconosciuti.

Nell’antichità classica si riteneva che la medicina avesse origini divine; infatti il primo medico fu il mitico Asclepio, figlio di Apollo, che aveva persino il potere di resuscitare i morti.

Il primo medico riconosciuto come tale fu un tale Ippocrito di Coos nel IV sec. a.C. Seguiranno Teofrasto, Dioscoride nel I sec. d.C. poi la Naturalis Historia di Plinio e il De medicina di Celso, e per finire Galeno nel II sec. d.C.

Abbazia di Chiaravalle

Con la caduta dell’Impero romano, tutto questo bagaglio di conoscenze rischiò di andare perduto; fu grazie agli scriptoria dei monasteri che molti testi vennero trascritti e conservati. Inoltre nei chiostri si coltivavano piante officinali ad uso dei monaci e dei pellegrini di passaggio.

I monasteri furono il vero centro della cultura fitoterapica del medioevo, sia per la possibilità che avevano i monaci erboristi di dedicarsi alla coltura, alla raccolta e allo studio delle erbe, sia per la facilità di consultazione delle tante opere dell’Antichità conservate e riscritte nelle biblioteche dei conventi.

Abbazia di Chiaravalle

Il giardino delle piante medicinali è detto Hortus simplicium medicamentorum, più semplicemente Orto dei Semplici o Hortus medicus (detto anche viridarium nell’Alto Medioevo).

Abbazia di Mirasole

Uno dei primi viridari fu fondato da Cassiodoro, già consigliere dell’imperatore Teodorico. Appassionato di medicina, scrisse le “Istitutiones divinarum et humanorum”, in cui raccomandava ai monaci di coltivare le piante medicinali e di studiare, trascrivendo e miniando, le fonti del passato, come Ippocrate, Dioscoride e Galeno.

L’arte medica era ancora poco sviluppata, pertanto spettava ai monaci curare i malati. La medicina cominciò a progredire solo sotto l’influenza araba a partire dal pieno Medioevo; nelle città tardomedievali sorsero i primi ospedali che si andarono sempre più specializzando nella cura dei malati. Contro le malattie meno gravi servivano da rimedio le erbe, altrimenti si ricorreva al salasso, che fungeva comunque da toccasana. Negli altri casi non restava che sperare in un miracolo.”

I monaci si occuparono dell’assistenza agli infermi per assolvere la missione caritatevole cui erano chiamati, ma anche un’intensa attività di ricerca in campo farmaceutico, realizzando medicamenti di grande efficacia; realizzarono anche dei cataloghi ragionati di tutte le erbe, chiamati Hortuli, raccolte di piante figurate in cui si descrivevano le caratteristiche e le virtù delle singole piante. In questo modo la conoscenza della medicina e dell’impiego delle piante officinali si diffuse rapidamente tra gli stessi ordini monastici. Accanto alle abbazie sorsero i primi ospizi ed ospedali per accogliere i pellegrini infermi.

Riproduzione di un horto medico a Bevagna
Davide Gasparrini

Parallelamente nasce l’orto delle delizie, hortus deliciarum tipico dei castelli o delle grandi ville, cantato nei romanzi cavallereschi e simbolo “del percorso che il cavaliere compie per raggiungere la felicità”, metafora dell’amor cortese. Non può non venire alla mente il best seller del Medioevo, “Il roman de la rose” dove un cavaliere dovrà trovare in un giardino la Rosa, che rappresenta l’amata, l’oggetto del desiderio. Esemplare quanto è raffigurato in una miniatura contenuta nella copia del Roman de la Rose conservata a Londra: attraverso una porta dalla robusta serratura si accede al primo ambiente del giardino, caratterizzato da aiuole separate da stretti sentieri, e da qui, oltre una leggera recinzione, ad uno spazio erboso, dove una compagnia di giovani è riunita a suonare, cantare, intrecciare corone di fiori, conversare. I giardini erano piccoli e recintati e per questo prendevano anche il nome di horti conclusi.

Castello di Villandry

I giardini, che sorgevano all’interno della cinta muraria, erano in genere nettamente distinti tra loro: un’area era riservata alla coltivazione delle piante medicinali, nell’orto crescevano le specie orticole e le erbe aromatiche; un’altra parte era riservata agli alberi da frutta. Orti, frutteti (pomaria), giardini con alberi (viridaria) e erbari (herbaria).

Ricostruzione di un horto medico a Bevagna
Davide Gasparrini

Una differenziazione degli spazi tra giardini e orti, si ebbe con il progetto della riedificazione del monastero-abbazia di San Gallo (Svizzera). Qui già nel 820 d.C. si distinsero delle zone destinate alla raccolta delle verdure per l’alimentazione, dalle aree adibite alla coltura di erbe medicinali.

Castello di Issogne

Il monaco Valafrido Strabone, di Reichenau del IX secolo, detta il primo modello costruttivo del Giardino medievale: i modelli di riferimento sono i giardini della Genesi, quelli del Vangelo e i nuovi cieli e nuova terra dell’Apocalisse di Giovanni. La sua forma quadrata riflette i quattro angoli dell’universo, la Gerusalemme celeste, il suo centro è costituito da un albero (arbor vitae) oppure dal pozzo o fonte (fonte di sapienza, simbolo del Cristo e dei quattro fiumi del paradiso).