Panna da convalescenti

torta di capi di latte (5)

Pantaleone da Confienza fu archiatra dei Savoia per molti anni durante il ‘400. Insegnò medicina e viaggiò in tutta Europa. Tra gli altri, scrisse anche un piccolo trattato sui formaggi che aveva avuto modo di conoscere ed assaggiare nelle sue peregrinazioni. La cucina, o meglio, il cibo è da sempre legata a doppio filo con l’arte medica, ritenendosi ogni alimento una medicina (o un veleno) per la salute.

Tanto è vero ciò, che il libercolo in questione si intitola “Summa lacticiniorom completa omnibus idonea eiusdem doctoris” utile quindi più al medico che al cuoco. Dopo una lunga dissertazione sulle qualità del latte, su come e quando consumarlo, da quali animali e quando vada munto, si passa ad una rassegna di vari formaggi, sia italiani che stranieri: il caseus piacentino, le robiole, il caseo galico e anglie, tedesco e delle Fiandre. Il cuoco rinascimentale non aveva che da scegliere!

Entrambi i cuochi più famosi del ‘500, hanno elaborato molte ricette a base di latticini e il Messisbugo nel suo trattato di cucine del 1549 vi dedica un intero capitolo. E’ qui che scopriamo “un singolare esempio a metà strada fra il prodotto caseario e il preparato di cucina, il cosiddetto “capo di latte” che per definizione è il capo, la cima, cioè ciò che affiora sulla superficie del latte intero, lasciato riposare durante la notte, in altre parole la panna.” Lo stesso prodotto lo si otteneva anche “dalla progressiva concentrazione a caldo del latte.” Cioè si faceva bollire, poi raffreddare e la parte più solida affiorante in superficie si toglieva e si mangiava cosparsa di zucchero. Altra cosa sono il lattemele cioè la panna sbattuta, la mantiglia burro di capra e la puvine di butiro formaggio fresco a base di panna cagliata.

Giova ricordare che la panna montata o chantilly, fu inventata dal cuoco Vatel a servizio del principe di Condè, solo, si fa per dire, nel secolo successivo, a metà del ‘600.

La ricetta che ho scelto è proprio a base di panna, ed è una stupendissima torta tratta da “Banchetti” di Messisbugo, Torta di mangiar biancho, overo cavvi di latte. Le antenate tre-quattrocentesche di questa torta sono le varie torte bianche, come quella di Mastro Martino, o dei ricettari d’oltralpe, dove però si usava semplicemente latte.

Bando alle ciance, passiamo ai fornelli:

Torta di mangiar biancho

Per la crosta: circa 300gr. di briseè o frolla

Per il ripieno: 250gr. panna fresca        4 albumi           80gr. zucchero    5 cucchiai di acqua di rose         sale

Torta semplicissima: montare a neve densa gli albumi con il sale; poi aggiungere gradatamente lo zucchero sempre sbattendo ( un mezzo elettrico aiuta!) e l’acqua di rose. Unire la panna tentando di non far smontare nulla.

torta di capi di latte (2)

 

Stendere la pasta in una teglia abbastanza grande, 26 cm di diametro, non troppo sottile;

torta di capi di latte

versare la crema e cuocere in forno a 200° per 15 minuti, poi abbassare a 180° per altri 15 minuti.

torta di capi di latte (3)

La torta si gonfierà tantissimo, ma se volete fare un figurone va portata in tavola subitissimo, perché fa l’effetto soufflè, cioè si sgonfia in un nanosecondo. Buonissima fredda cosparsa di zucchero e acqua di rose.

torta di capi di latte (6)

 

Questo dolcetto si trova nel capitolo dedicato ai convalescenti; il motivo non lo conosco, non mi pare una torta leggerissima.

Forse la mancanza di spezie ed il fatto che è molto dolce la rendono più adatta a chi deve recuperare le forze dopo una malattia, diciamo un ottimo confort- food moderno, magari mangiata tiepida nelle fredde sere invernali con un buon bicchiere di vino dolce, davanti al caminetto acceso, con la persona amata, ed è subito Frank Capra…

 

 

 

 

Le note storiche sono tratte da La cucina medievale di E. Carnevale Schianca