La tria, genovese o siciliana?

La tria, genovese o siciliana?

Impasto di farina di cereali e acqua o altro liquido, manipolato fino a divenire più o meno sodo, omogeneo e adatto a diversi impieghi.

Deli, 1999

Ovviamente stiamo parlando di pasta, gloria italica più di ogni altro cibo, forse a pari merito con la pizza. Non dimentichiamoci che gli italiani erano (o forse ahimè, sono) famosi nel mondo, come mangia-maccheroni.

L’origine della pasta da minestra, come la intendiamo noi, lavorata ed essiccata è molto antica, ma la paternità è di difficile attribuzione: la farina di cereali impastata con acqua serve in primis a fare il pane, ad essere quindi cotta in forno. Solo in un secondo momento finirà in un brodo o in una minestra. Apicio nel I sec. d. C. parla di minutal fatto con una sfoglia spezzettata usata come fondo per un liquido, ma anche qui le interpretazioni divergono: sicuramente una sfoglia di pasta secca detta lagana era già nota nel mondo antico, ma non veniva lessata, era semplicemente sbriciolata nelle minestre. Questo spiegherebbe anche perché il termine deriva da laganon che era un pane leggero forse fritto. E’ il poeta Orazio che ci racconta di una minestra di ceci e porri in cui appare anche della lagana. Forse la frittella di pane sbriciolata per rendere più densa e saporita la zuppa?

Nel ‘500 era predominante la tesi secondo cui la pasta fosse arrivata in Europa dalla Cina grazie a Marco Polo che nel Milione aveva raccontato di:

arbori grossi…tutti pieni dentro di farina e di quella farina si fanno molti mangiari di pasta…

Il Milione, Marco Polo, 1298
Manioca

Marco Polo, in realtà, parlava della tapioca e non di cereali e di certo nel ‘300 la pasta era già conosciuta e cucinata in tutta la penisola italica. Quindi resta da capire chi, per primo, ebbe l’idea di far essiccare quell’impasto semplicissimo di acqua e farina che rendeva la pasta un alimento trasportabile, conservabile e facilmente commestibile.

E qui entra in gioco Genova, (tenetela a mente) che era uno dei principali centri di diffusione della pasta secca che arrivava dalla Sicilia e dalla Sardegna. Probabilmente furono quindi gli Arabi che per primi perfezionarono le tecniche di essiccazione ed inventarono la pasta lunga, a fili.

La Sicilia si afferma nel Medioevo come prima produttrice di pasta da minestra, sia fresca che secca che alimenta flussi incessanti di esportazione lungo tutto il litorale tirrenico. La Sardegna diventerà la più accanita concorrente dei pastai siciliani.

Enrico Carnevale Schianca

Nel Medioevo si contano innumerevoli tipi e forme di pasta: maccheroni, lasanae, croseti, tagliarini, vermicelli e molte altre ancora; lessata in acqua è cibo di magro adatto anche alla mensa dei frati, cotta in brodo di cappone, cibo ricco per la tavola dei signori.

Nel trecentesco Liber de Coquina c’è una ricetta di pasta che vale la pena ricordare perché è diventato un piatto tipico napoletano: in latino suona come tria ianuenses, che diventa in italiano tria genovese. Cosa c’entra Genova con Napoli? La questione è complessa. Andiamo con ordine. Prima di tutto, tria deriva dall’arabo itryya che significa pasta lunga ma indica anche uno spezzatino di carne, cipolle, ceci e pasta secca. La ricetta medievale parla di una sorta di salsa fatta con cipolle soffritte nell’olio e abbondantemente speziate, salsa da servire come accompagnamento alle carni. Non si parla di pasta ma il passaggio, forse, è avvenuto nei secoli successivi, mettendola insieme a carne e cipolle il che riporterebbe allo spezzatino dei libri di cucina egiziano e siriano del ‘400. Questo piatto ricchissimo si prepara con carne soffritta nel grasso della coda di montone, poi fatta lentamente cuocere con cipolle tritate, ceci, verdura. Si profuma con cannella, cumino, pepe, coriandolo e si aggiunge della pasta secca a pezzetti.

L’aggettivo genovese forse deriverebbe solo dal fatto che la pasta secca proveniva dalla Sicilia, ma passando per Genova, ma siamo nel campo delle ipotesi. Di sicuro oggi la tria genovese è un piatto tipico della cucina napoletana delle feste, piatto di lunga elaborazione ma estremamente saporito.