Carne e arrosti medievali

Regimen Sanitatis Salernitanum  (XI sec.)

Sunt bona gallina et capo, turtur, sturna, columba,

quiscula vel merula, phasianus, orthygometra,

perdix, frigellus…

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Sono buoni (da mangiare) gallina e cappone, tortora, starna, colomba, quiscula o merla, fagiano, ortigometra (re di quaglie), pernice, fringuello… insomma quasi tutto ciò che vola. La selvaggina da piuma (insieme a quella da pelo) era apprezzatissima ed era la il perno su cui si orientava tutto il menu di un banchetto; solo i signori avevano il diritto di caccia nei boschi e nelle tenute di loro proprietà e quindi c’era sempre una grande disponibilità di carne fresca. Questo va sottolineato per ribadire il concetto, se ancora ce ne fosse bisogno, che nel Medioevo non si infarciva la carne di spezie per coprire gli odori di una carne putrida; oltretutto le spezie erano di gran lunga più costose e preziose di un fagiano o di una quaglia! Di certo si eseguiva la frollatura di alcuni carni per renderle più morbide e gradevoli, ma questa è una metodica ancora in uso.

Le prede meno ambite dai cacciatori (lepri e caprioli) sono quelle che nelle cucine fanno registrare le maggiori occorrenze, catturate da cacciatori di mestiere. Il cervo e il cinghiale continuano a tenere il posto d’onore tra la grande selvaggina nobile presentata come piatto forte….

….la graduatoria degli approvvigionamenti alla corte sabauda nei secoli XIV-XV presenta ai primi posti pernici, starne,lepri, fagiani, oche e anatre selvatiche, pivieri, aironi e gru, poi cinghiali, orsi, cervi e caprioli.

Enrico Carnevale Schianca

La carne si gustava soprattutto arrostita e nell’ordine del pasto occupa la posizione centrale, in genere dopo il lesso e prima delle torte, ma non c’era una regola fissa. Di sicuro si introduce la distinzione tra rosto grosso e rosto minuto sulla base delle dimensioni, quindi arrosti di quadrupedi e arrosti di volatili. Questa cottura è adatta alle carni grasse ma bisogna stare molto attenti a non bruciare la parte esterna e a lasciare l’interno morbido ma non al sangue perchè renderebbe la carne poco sana e digeribile: insomma, una cottura non semplicissima. Per ovviare a questo inconveniente, le carni più magre e delicate saranno sottoposte a lardatura:

e se non fosse assai grasso di sé medesimo, si vi metti entro di bello lardo fresco

Buone e delicate vivande, XIV sec.

oppure si avvolgono nella rete di maiale oppure ancora gli si fa colare sopra, in cottura, del lardo fuso. Quando le braci sono calde ma senza fiamma viva, si mettono gli spiedi sopra a leccarde che raccoglieranno i succhi della carne con cui irrorare l’arrosto. Servi addetti manovrano i lunghi ferri con non poca fatica.

Fondamentale l’accompagnamento delle salse: salsa verde, camelina, piperata e mille altre, umide, speziate e stemperate con vino, agresto o succhi acidi. Servivano a bilanciare la secchezza che produceva il calore in quel complicatissimo sistema dietetico dei quattro umori che derivava da Ippocrate e Galeno.

La carne non adatta ad essere arrostita poteva essere salata, per mantenerla più a lungo, oppure trovava la sua destinazione in altre ricette, nei brodetti (quelli che oggi chiamiamo stufati) ma anche come ripieno all’interno di torte salate, sia in pastume, cioè tritata, sia intera nei pastelli ed anche nei tortelli e ravioli fritti.

Molte le torte salate a base di carne come la torta Manfreda o la torta Communa . Interessante anche una misteriosa torta dal nome criptico, la torta de montano capitulum, ricca e profumata. Ecco la ricetta:

Torta de montano capitulum

Per la crosta, a vostro piacimento: se la servite calda, meglio la pasta sfoglia, altrimenti, se pensate di prepararla in anticipo, meglio la brisèe. Ne servirà circa 400 gr. La versione più filologica prevede della semplice pasta all’olio.

Torta de montano capitulo

Per il ripieno: 200 gr. di prosciutto cotto, 100 gr lardo bianco di Colonnata, 2 salsicce, 3 uova, 150 gr. di ricotta, mentuccia e timo tritati

Tritare il prosciutto e il lardo. Mescolare alle salsicce cotte alla griglia, spellate e tagliate a pezzi, alla ricotta e alle uova. Profumare con le erbette e aggiustare di sale. Riempire la crosta e cuocere per ca. 40 min. in forno caldo a 180°. Se tende a scurire, coprite con un foglio di alluminio.