Maccarones!

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Se vi dico la parola “maccheroni”, cosa vi viene in mente? a cosa pensate? Sicuramente ad un piatto fumante di pasta corta condita abbondantemente con ragù e parmigiano…. L’uomo medievale non avrebbe potuto pensare a tutto ciò: prima di tutto perché il pomodoro era sconosciuto (e lo sarebbe stato ancora per molto, molto tempo), e poi perché la forma tubolare della pasta a noi tanto familiare, non era prevista nelle cucine antiche.

Cominciamo dalla parte istituzionale: “il termine maccarone compare nei libri di cucina basso-medievali soltanto a metà del XV sec. esclusivamente nella tradizione di Mastro Martino” ma la citazione più antica si trova in un manoscritto, Acta Beati Guillelmi Eremitae, dell’eremita Guglielmo di Malavalle morto nel 1157, che racconta di essere stato invitato a pranzo e che gli vennero serviti maccarones seu lagana cum pastillis, cioè maccheroni o lasagne con pasticci. Nella letteratura novellistica del ‘300, da Boccaccio a Giovanni Sercambi, c’è poi un profluvio di maccheroni, (simbolo del mitico paese di Bengodi, insieme alle lasagne) e una folla di affamati che divora scutelle bollenti di pasta condita con cascate di parmigiano, servendosi di uno strumento sconosciuto ai popoli d’oltralpe: la forchetta.

Per sapere come si confezionano, bisogna tornare a Mastro Martino da Como, cuoco del patriarca di Aquileia a Roma alla metà del 1400. Nel suo “Libro de arte coquinaria”, inserisce ben tre ricette di maccaroni: romaneschi tradizionali e con variazione e quelli siciliani.

Maccaroni romaneschi

Semplicemente si impasta farina con acqua, circa 300gr. per 6 persone e si stende una sfoglia sottile

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e tagliala la pasta larga un dito piccolo, et resterà in modo de bindelle, overo stringhe.

maccaroni romaneschi

Si cuociono in brodo grasso o in acqua bollente salata, secundo il tempo. Et como sono cotti mittili in piattelli con bono caso, et butiro, et spetie dolci.

Nella variante la sfoglia deve risultare più spessa e viene tagliata molto menuta et sottile; et si chiamano triti o formentine.

Maccaroni siciliani

Stavolta si prendono 2 albumi, due cucchiai di acqua di rose e si aggiunge farina bellissima a formare una pasta soda.

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A questo punto la cosa si fa complessa: si fanno dei pastoncelli sottili quanto una pagliuca. Poi si avvolgono intorno a un filo di ferro, et dagli una volta con tutte doi le mani sopra una tavola; dapoi caccia fore il ferro, et ristira il maccherone pertusato in mezo. Lessati e conditi come sopra.

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Mastro Martino consiglia di seccarli al sole di agosto et durerando doi o tre anni. “Questi sono i caratteristici maccheroni a ferro o a cannello delle isole; infatti se ne esportavano cospicue quantità dalla Sicilia e dalla Sardegna e il più importante emporio di smistamento era Genova.”

Per un banchetto basso-medievale non possono mancare. Eviterei di cuocerli due ore come consiglia Mastro Martino (!!!), se la pasta è sottile, basterà aspettare che vengano a galla. Conditeli abbondantemente con burro e parmigiano, ma andate piano con le spezie dolci, perché forse non a tutti piaceranno.

maccaroni (2)

Nei tempi di grasso si potranno cuocere in brodo, ma poi vanno serviti asciutti. In tempi di digiuno si possono lessare in acqua e conditi con burro e parmigiano, dato che nel 1400 era già stata fatta una deroga su questi alimenti, che nonostante siano di origine animale, erano tollerati come condimento.

 

Le note storiche sono tratte da “La cucina medievale” di Enrico Carnevale Schianca