La pratica del mercante

La pratica del mercante
castello di Issogne

Il mercante europeo medievale è innanzitutto un mercante itinerante, penalizzato dal cattivo stato delle strade, dalla carenza dei mezzi di trasporto per le merci, dall’insicurezza e, forse ancora di più, dalle tasse, dai diritti, dai pedaggi di tutti i generi imposti da innumerevoli signori, città, comunità per l’attraversamento di un ponte, di un guado, o per il semplice transito sulle loro terre. Il solo progresso considerevole per questo commercio via terra nel XII e nel XIII secolo è la costruzione di numerosi ponti sui fiumi. J.Le Goff

I cuochi medievali avevano a disposizione gli stessi alimenti che abbiano noi moderni (a parte quelli che arriveranno dal nuovo mondo) e li usavano in maniera variata e con fantasia. Vegetali, frutti, legumi, carni e pesci, venivano cucinati in modi diversi: lessati, fritti, arrostiti, ovviamente il tutto abbondantemente speziato, soprattutto nelle case ricche e nobili.

Una fonte di informazione molto interessante, soprattutto per le spezie, sono i documenti commerciali scritti dai mercanti per altri mercanti. Il più famoso è Il libro de’ divisamenti di paesi e di misure di mercatantie” più conosciuto come “La pratica della mercatura” di Francesco Balducci Pegolotti.

Nato a Firenze alla fine del Duecento, diventa rappresentante della Compagnia de’ Bardi, importante compagnia commerciale di Firenze. Dopo una serie di alterne vicende personali, legate anche al fallimento della compagnia, raggiunse, nel giugno del 1346, la massima carica di gonfaloniere di Giustizia per il quartiere di Santo Spirito nella sua città. Morirà probabilmente di peste nel 1349.

Grazie al suo impiego in una delle più importanti compagnie commerciali dell’epoca, ebbe la possibilità di viaggiare moltissimo in lungo e in largo per tutto il Mediterraneo. “Il viaggio ideale che è intrapreso in questo libro inizia in direzione del Catai attraverso il cammino della Tana, nel Mar d’Azov… Il percorso procede attraverso Caffa verso Tabriz in Persia, tocca Trebisonda, Costantinopoli e Pera, il Mar Nero, Altoluogo nell’emirato di Aydin, Adalia in Turchia, l’Armenia, Acri in Siria, Alessandria d’Egitto, Famagosta di Cipro, Rodi, Candia di Creta, la Sicilia, Chiarenza in Grecia, Stiva nei Balcani, Negroponte, la Sardegna, Maiorca, Tunisi, Tripoli e Gerba in Barberia, poi Venezia, il Friuli, Ancona, la Puglia, Salerno, Napoli, Gaeta, Firenze, Pisa, Genova, Nizza e Montpellier, Avignone, Aigues-Mortes, Ibiza, la Borgogna, le fiere di Champagne, Parigi, Fiandre, Bruges, Brabante, Anversa, Londra, l’Inghilterra, La Rochelle in Guascogna, Siviglia, il sultanato di Granada, concludendosi quindi in Marocco.”

ricostruzione della bottega dello speziale (Bevagna)
foto di Davide Gasparrini

Il lascito più importante di Pegolotti rimane, per i suoi contemporanei ma anche per noi, il manuale a uso dei mercanti che scrisse tra il 1335 e il 1343 mettendo a frutto la propria esperienza di agente dei Bardi. Egli scrive nell’introduzione che spiegherà:

«e d’altre cose bisognevoli di sapere a mercatanti di diverse parti del mondo, e di sapere che usano le mercatantie e cambi, e come rispondono le mercatantie da uno paese a un altro e da una terra a un’altra, e simile s’intenderà quale è migliore una mercatantia che un’altra e d’onde elle vengono e mosterreno il modo a conservarle più che si può».

In questo libro, Pegolotti fa una esauriente lista dei prodotti che commerciava e c’è veramente di tutto, dai panni di lana alle sete, vini, datteri e fichi secchi, molti vini, oro, rame e soprattutto spezie, tante spezie: anice, pepe, curcuma, cannella, zenzero…ed anche lo zucchero (o meglio gli zuccheri) considerato una spezia e venduto dai farmacisti.

Era un bene raro e costoso, venduto nelle botteghe degli speziali come un medicamen, una medicina vera e propria. Dal Tacuinum Sanitatis (XI sec.):

Zucchero: di natura calda e umida, bianco e splendente, purifica il corpo e giova ai reni e alla vescica, ma dà sete e addensa la collera,va mangiato con melograno, più che maturo.

Zucchero, da Wikipedia

In aggiunta a tutto questo aggiunge “informazioni su provvedimenti relativi ai panni; nomi di spezie, di sete, di pellicce; indicazioni su come comprare e vendere spezie, sete, pietre da anello e perle; calendari e tavole per calcolare le festività e le lune; ricette per lavorare l’oro e l’argento in lega e far moneta; infine descrizioni accurate su diverse tipologie e qualità di merci che riteneva dovessero essere note ai mercanti.”

Vi allego la lista originale dei prodotti commerciati, tratta dalla “Pratica della mercatura”: sono tantissimi e questo per ribadire ancora una volta, quanto fossero vivaci gli scambi non solo commerciali, ma anche culturali in epoca che ancora per molti viene considerata buia…

Zibibbo, cioè uve passe e secche d’ogni ragione, Sapone di Vinegia, sapone d’Ancona, e sapone di Puglia, Mandorle schiacciate e insaccate, Mele imbottato in otri,Cotone mapputo, Cotone filato, Riso, Galla di Turchia Fichi secchi E ’l comino, Zolfo, Mordasangue, Carne insalata, formaggio, Lino d’Allessandria, Lino di Romania,Lana da ciambellotti, Lana lavata di Romania, lana sucida di Romania, lana sucita o lavata di Turchia,Castagne, Pepe tondo, e garbellasi; e gengiovo, e garbellasi.Verzino scorzuto, Lacca, e non si garbella; zettoara, e garbellasi.Ingenso, cioè incenso, e garbellasi.Zucchero e polvere di zucchero d’ogni ragione, Aloe d’ogni ragione, e del cuoio Argento vivo,Salarmoniaco, cioè lisciadro, e non si dà nè sacco nè cassa con esso.Cinabro, cioè vermiglione; cannella, e garbellasi.Galbano e garbellasi.Landano di Cipri, Mastico,Rame, Ambra grossa e mezzana e minuta non lavorata,Corallo scorzuto, Corallo pulito Seta cruda Zafferano d’ogni ragione; e fusti di gherofani.Gherofani e garbellasi; e cubelibe d’ogni ragione, e garbellansi.Legnio <aloe>; e riubarbero, e garbellasi; macies, e garbellasi.Pepe lungo; galiga, e garbellasi; caffera rotta.Noce moscade, e gherbellansi; spigo, e gherbellasi.Cardamone d’ogni ragione, e gherbellansi.Scamonea, perle da pestare, manna, borrace, gomerabica.Sangue di dragone, squinanti, turbitti, zendadi d’ogni ragioni.Confetti d’ogni ragione, oro filato d’ogni ragione.Seta cotta d’ogni ragione.Ambra lavorata a modo di paternostri o in altro lavoro che siano forati e infilati, E similmente tutte altre spezierie sottili e minute vi si vendono a libbre sottili, e il sacco o invoglia o altro vasello in che fussino le dette cose si rimane al comperatore per niente poi che n’è fatta tara. Oro o argento filato da Lucca o di Genova o di Provenza vi si vendono a centinaio al modo che si vende a Lucca. Perle minute vi si vendono a peso di libbre, d’once, di saggio, e di carati, secondo loro grossezza e loro bontade. Mandorle col guscio si vendono a novero a pregio di tante migliaia di mandorle a perpero come il venditore e ’l comperatore se ne convengono. Datteri si vendono a migliaio di novero, e il cufino rimane al comperatore per niente. Nocelle si vendono a moggio o di Pera o di Gostantinopoli Noce si vendono a novero a pregio di tante migliaia a perpero. Schienali di storioni insalati Sale Olio chiaro e giallo di Vinegia, olio chiaro e giallo della Marca, olio di Puglia, olio di Gaeta e d’ogn’altra parte che venga in botte Grano e orzo e tutti biadi e legumi Vino greco si vende a pregio di tanti perperi la botte di mena di Napoli, la quale si ragiona che tenga 48 metri, e se fusse sciema sì la riempie il venditore al comperatore, e la botte rimane al comperatore per niente. Vino di Turpia di Calavria e vino di Patti di Cicilia e vino di Pescia di Puglia Vino di Cutrone di Calavria Vino della Marca si vende in botte o in carratello come sono. Vino di Creti si vende a centi di metri a pregio di tanti perperi il centinaio de’ metri, e misurasi, e la botte rimane al comperatore per niente. Vino di Romania bassa vi si vende anche come quello di Creti.