Sfumature rosse d’Oriente

Sfumature rosse d’Oriente

Uno dei sapori distintivi del Medioevo era senz’altro l’acidità. Sono moltissimi i piatti in cui si utilizza l’aceto o l’agresto: carni, pesci in salamoia e allo scapece, salse di accompagnamento e naturalmente brodi.

Il cuoco medievale aveva a disposizione anche il succo dei melangoli o citrangoli, arance amare, (antenate della moderna varietà dolce) importate in Sicilia dagli Arabi.

Secondo Ildegarda di Bingen (XII sec.) il limone ha un effetto positivo soprattutto in caso di febbre ed è indicato per condire le insalate.

Alternativa al limone era il sommacco o sumac, alla latina: è una pianta tipica della zona mediterranea le cui foglie venivano usate sin dall’antichità per la concia delle pelli; per questo motivo si era guadagnata il nome di frutex coriarius, cioè arbusto dei conciatori. Si ottiene dai frutti essiccati e polverizzati di una pianta che si chiama Rhus, di cui esistono varie specie (alcune velenose!)

Plinio ci informa che è un rimedio formidabile contro tutte le forme dissenteriche ed ulcerose, ma anche un ottimo condimento da usare in cucina per profumare piatti vari. L’uso di questa essenza comincerebbe addirittura nel IV sec. a. C. ma, per qualche secolo se ne perdono le tracce, ricomparendo poi nelle dispense medievali della penisola italica. Sicuramente l’origine del nome è araba (sumaq).

Non sono molte le ricette in cui compare questa spezia, ma per un piatto è fondamentale a tal punto che ne prende il nome: sto parlando della sumachia citata nei manoscritti del XIV e XV sec. per poi riscomparire del tutto. Il piatto in questione è di nuovo, di chiara origine orientale: si chiama summaqyya ed è più antica di almeno trecento anni. Si prepara con carne di montone lessata e insaporita con mille spezie tra cui risalta il sumac. La versione occidentalizzata elimina il montone e lo sostituisce con pollame, partendo da una base di soffritto  con le cipolle, aggiungendo mandorle tritate o pane ammollato per addensare il tutto. Infatti questa preparazione appartiene alla categoria dei brodetti, cioè a quelli che oggi potremo chiamare stufati o spezzatino, carni a pezzi in un intingolo denso.

Ecco la ricetta tratta dal Liber de Coquina:

De sumachia : ad sumachiam faciendam, recipe pullos integros.
Frige in lardo. Postmodum, amigdalas mundatas trittas cum aqua distemperata
et sumacum simul cum pullis coque, et sit spissum. Et da comedere.

Ricetta simile è quella della limonia, dal più intenso sapore di limone ma meno colorata:

De limonia : ad limoniam faciendam, suffrigantur pulli cum
lardo et cepis. Et amigdale mundate terantur, distemperentur cum brodio
carnis et colentur. Que coquantur cum dictis pullis et speciebus. Et si non habentur amigdale, spissetur brodium cum vitellis ouorum. Et si fuerit prope horam scutellandi, pone ibi succum limonum vel limiarum vel citrangulorum.

La preparazione dei due piatti è uguale fino al momento di insaporire, con sumac o limone.

Partendo dalla scarna ricetta del Liber de Coquina del 1300, passando per un altro manoscritto del 1400, ho preparato questa saporita sumachia.

Sumachia

500 gr. petto di pollo, due belle cipolle bianche, 100 gr. di lardo bianco, olio EVO,150 gr. di mandorle molto tritate, 1 bicchiere di brodo di pollo, sumac, spezie varie a piacimento

Si fa sciogliere il lardo in padella a fuoco dolce aggiungendo due cucchiai di olio e le cipolle affettate e una manciata di sale. Si fa soffriggere il tutto lentamente. Quando le cipolle sono morbide si mette il pollo a pezzi, si aggiungono un po’ di brodo, sumac in polvere e abbondanti spezie. Io ho messo pepe nero, zenzero, cannella e noce moscata. Si finisce di cuocere il pollo e a fine cottura si aggiungono le mandorle. Servire caldo.

Il brodo si può sostituire con del latte di mandorle, meglio se fatto con mandorle non pelate, per accentuare il colore rosso.

Latte di mandorle bianco