Una torta paonazza

Una torta paonazza

In un banchetto medievale che si rispetti non può mancare una torta dolce e/o salata. Nel linguaggio culinario del tre-quattrocento i termini per indicare questa pietanza sono molti: pastello, torta, pastero… e i ripieni molto vari e fantasiosi, di carne, di pesce, con verdure, frutta secca e fresca. Spesso anche gli accostamenti degli ingredienti risultano ai nostri occhi per lo meno bizzarri, ma poi all’assaggio si scopre che poi il gusto non è così male! E’ il caso di questa torta pagonaza, che di paonazzo non ha molto ma di sicuro farà storcere il naso a molti per la scelta degli ingredienti.

Tanto per cominciare è una torta a due croste, una sopra e una sotto. Non tutte lo erano, talvolta bastava la base. Non sappiamo di cosa fosse composta: non esistono ricette di paste da farcire fino al ‘500, non se ne sentiva la necessità forse perché faceva parte di un sapere comune di base per tutti i cuochi. Probabilmente era una semplice pasta all’olio, non molto saporita in effetti, ma tanto nessuno a tavola l’avrebbe mangiata, solo la farcitura era considerata commestibile.

Il ripieno è un pastume ben tritato, passato alla stamigna. La passione per il mortaio è tipica dei cuochi medievali che macinano, impastano e mistificano: difficile era capire cosa si stesse mangiando realmente, anzi spesso l’inganno era voluto (in tempi di digiuno si mangiava pesce pensando fosse carne). All’ingrediente principale si aggiungono uova e formaggio per rendere il tutto più morbido ed umido. Altre volte, invece, il ripieno era composto da un pezzo intero, un pollo, una coscia di montone e così via.

La base di questa torta è rappresentata dai datteri a cui si aggiungono 3 once ciascuna di pignolata e pasta riale. Queste due preparazioni sono dosate con parsimonia perché trattasi di cose costose. La prima si prepara con la stessa quantità di pinoli in polvere e zucchero, messi a cuocere con poca acqua e amido finché non risulta una specie di sciroppo granuloso. Simile la pasta reale, fatta solo di mandorle e zucchero in uguale quantità e senza cottura.

Altro ingrediente è il casocavallo, il caciocavallo, e qui la ricetta si fa un po’ più spericolata. Questo formaggio, tipico dell’Italia meridionale, fatto con latte vaccino e piccante, ha anche un fratello fresco e morbido utilizzato spessissimo nei ripieni per le torte. Oggi lo possiamo sostituire con una mozzarella fiordilatte.

I profumi utilizzati sono la cannella e l’acqua di rose a cui si aggiunge l’acqua moscata, un’acqua di rose speciale a cui viene aggiunto del muschio, sostanza di origine animale che veniva estratta dal prepuzio (sic!) di una piccola lepre siberiana. Era una spezia molto costosa che avrà molto successo soprattutto nel ‘500.

Passiamo alla ricetta, tratta dal manoscritto Anonimo Lucano, datato 3 agosto 1524, forse compilato da un cuoco di nome Anton Comuria di origini napoletane.

Torta pagonaza

Per le croste circa 400 gr. di pasta all’olio per una teglia di ca 22/24 cm di diametro

Farcitura: 100 gr. di datteri ammollati in acqua di rose per 12 ore, 1 hg di pignolata e 1 hg di pasta reale, 1 mozzarella, 4 tuorli, cannella, acqua di rose, zucchero qb e 2 albumi

passare al mixer 50 gr. di pinoli e 50 gr. di zucchero. Ripetere l’operazione con 50 gr. di mandorle e 50 gr. di zucchero. Mettere da parte. Frullare prima i datteri con l’acqua di rose e poi la mozzarella. A questo punto in una grande ciotola mettere i 4 tuorli e aggiungere gli altri ingredienti tritati. Profumare con cannella e altra acqua di rose se il composto dovesse risultare duro. Farcire due croste di pasta e cuocere in forno a 175° per circa 20 minuti. Intanto sbattere leggermente gli albumi con due cucchiai di zucchero e due cucchiai di acqua di rose. Con questo composto spennellare la superficie della torta e rimettere in forno per 15 minuti. Servire fredda.