Un pane maraviglioso

Nell’Alto Medioevo ci fu un crollo della produzione di frumento, passando da un’economia di mercato ad una di sussistenza. Si coltivano cereali inferiori come segale, orzo, spelta, miglio, panico e sorgo…. Il frumento serve a preparare un pane bianco e fragrante, cibo per ricchi e potenti. Con l’orzo, invece, si fa un pane di scarsa qualità, poco lievitato a causa della scarsezza di glutine, considerato dannoso per lo stomaco e poco digeribile. E’ il pane degli asceti e dei filosofi, un pane di sofferenza, di chi sceglie di propria volontà una vita ritirata dedicata agli studi o a Dio.

Massimo Montanari

Ho scritto più volte di pane, il cibo che “sfama”, quello che, erroneamente, viene considerato il più semplice ed immediato prodotto dell’uomo, oggetto polivalente da cui dipendono la vita, la morte, il sogno, come ricorda Piero Camporesi.

Nel Medioevo e per molto tempo ancora, non è uguale per tutti; chi può permetterselo mangia un pane bianco, di frumento, soffice e relativamente fresco (certo non si panificava tutti i giorni come oggi!) Per gli altri c’era un prodotto via via più scuro, mano a mano che si scendeva nella scala sociale.

Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, umanista, amico personale ed estimatore del grande cuoco Martino de’ Rossi, nel suo De honesta voluptate et valetudine, nel 1475, così ci spiega come fare un buon pane:

il panettiere deve prendere della farina di frumento ben macinata e, con un setaccio fine separarne la crusca dal fiore, e poi intridere quest’ultima con acqua calda salata… una volta aggiunto il lievito la pasta va lavorata, anche con l’aiuto di altre persone, fino a ridurla alla giusta consistenza…il panettiere deve stare attento a mettere la giusta quantità di lievito perché se è troppo il pane diventa acido, se è poco sarà meno digeribile per il ventre.

Sulle mense dei banchetti signorili, panini tondi vengono disposti sulle lunghe tavole davanti ad ogni ospite e talvolta anche fette sottili di pane, già tagliato, a fianco ad ogni cucchiaio. Nei manoscritti non ci sono ricette per il pane che, evidentemente, non necessitava di alcuna spiegazione e la cui preparazione non riguardava i cuochi, ma solo i fornai, professionisti che si occupavano di rifornire le case signorili. L’unica ricetta è quella di un pane di noci maraviglioso, probabilmente servito come una specie di antipasto in forma di fugaza.

Il manoscritto in questione è quello che viene chiamato Anonimo Veneziano, che secondo una suggestiva ipotesi, potrebbe essere una copia trecentesca di un altro manoscritto senese.

Ecco la ricetta, direttamente dal ‘300:

Se tu voy fare pan de noce, toy le noce
e mondalle e pestale, e toy de herbe bone
e un poco de cevola gratà e specie dolze e
forte e uno pocho de zucharo, e miti in lo
mortaro con le noxe e fa pastume. Poy toy
fior de farina e fane un folglio a modo de
lasagne grande e largo e sotile, e miti questo
batuto suso, e muolzilo tuto insembre e
falo a modo de uno pane, e poy lo caricha
ch’ el vengna sotille a modo de una fugaza;
metilo a choxere in lo forno, e quando l’ è
cocto, trailo fuora e laselo afredare.”

Più che un pane, pare somigliare ad una focaccia, profumatissima grazie alle spezie e alle erbe aromatiche. Interessante l’aggiunta delle noci, frutto di un albero che non godeva di una buona fama, dato che si riteneva fosse la pianta preferita dalle streghe per i loro sabba notturni! Le noci però erano molto utili perché da esse si può estrarre olio quando l’olio di oliva era estremamente raro e costoso; vengono poi usate nei ripieni, ma anche confettate sia fresche che secche.

Questa è la mia versione:

Pane di noci meraviglioso

300 gr. di farina 1 o 0, 150 gr. di lievito madre rinfrescato oppure 15 gr. di lievito di birra secco, 180 gr. di noci tritate, 2 cucchiai di zucchero di canna, 3 cucchiai di olio EVO, un pizzicone di sale, 1 cucchiaio di cipolla tritata, erbe aromatiche tritate (salvia, rosmarino, prezzemolo…), cannella, zenzero, pepe, chiodi di garofano in polvere

Semplicemente si impasta il tutto molto bene aggiungendo acqua tiepida per almeno 15 minuti. Poi si mette a riposare al caldo per circa 4/5 ore fino a che l’impasto sia raddoppiato (con il lievito di birra lievita in minor tempo). Si mette poi in una teglia ben unta stendendo ad un paio di cm. Si fa lievitare ancora un paio d’ore e si informa a 180° per circa 35 minuti.

Per rimanere in tema di noci, vi lascio la ricetta di Plinio, un efficacissimo antidoto usato da Mitridate contro ogni veleno: 2 noci secche, 2 fichi secchi, 20 foglie di ruta e 1 grano di sale. Pestate e assumete prima dei pasti. Non so se vi salverà dagli avvelenamenti, ma di sicuro molto buono!