Sitofagi, mangiatori di pane

…è così contemperato di dolce sapore e di morbidezza e conserva tale armonia anche quando è intinto nel vino dolce che, seanche è mangiato per forza, ha un effetto meraviglioso; come infatti succede spesso che l’ubriaco ritorni in sé, allo stesso modo succede che chi ha mangiato questo pane torni ad avere fame per il piacere del cibo.

Ateneo, Deipnosofisti, II sec.d.C

Stiamo parlando del pane, il cibo che erroneamente viene ritenuto essere alimento primordiale.

Omero chiama gli uomini “sitofagi“, cioè “mangiatori di pane” ed Esiodo aggiunge che gli dei non si nutrono di pane e dunque sono immortali. Ma il pane è anche una specie di lasciapassare per il regno degli Inferi, quando Virgilio racconta che Enea ammansì l’immane Cerbero gettandogli una focaccia con miele e con erbe aromatiche che in latino si chiama offa:

Cerberus haec ingens latratu regna trifauci
personat adverso recubans immanis in antro
cui vates horrere videns iam colla colubris
melle soporatam et medicatis frugibus offam
obicit. 

Virgilio, VI libro Eneide

Dunque il pane è il prodotto dell’ingegno umano, presuppone delle conoscenze e delle tecniche.

Foto degli anni trenta, rievocatori azionano una macina

I primi ad utilizzare il lievito furono gli antichi Egizi, ma per secoli si continuò a mangiare pane azzimo, cioè non lievitato. Il cereale più utilizzato nell’antichità per panificare, fu il farro , ma le classi più povere utilizzavano cereali di minor pregio come la segale, l’orzo, l’avena, il miglio e il panico. Il pane bianco, più pregiato, era destinato alle classi più abbienti, mentre i più poveri spesso si accontentavano di farinate e zuppe e questa consuetudine si estese fino a tutto il Medioevo.

Macina, Area archeologica Ostia antica

Uno che si intendeva di pani fu sicuramente Ateneo di Naucrati, grammatico greco ma nato, appunto, in Egitto che, nel II sec. d.C. scrisse “I Deipnosofisti” che tradotto suona “I sofisti al banchetto”. Racconta di un simposio, un banchetto, a cui partecipano uomini dotti che discutono di vari argomenti, ma i principali sono cibo e vino.

Timbro bizantino per pane, 500 d.C. ca.

A proposito di pane, genericamente detto artos in greco, Ateneo cita ben settanta tipi di pane diversi:

“Quello più comune era non lievitato; quello lievitato (zymites)…divenne più diffuso a partire dal I sec. d. C. C’erano pani fatti di farine diverse, come il pane di semola, quello di fior di farina (semidalites), di cruschello (chondrites), di farina integrale (syncomistos), di farro piccolo (tiphe), di farina d’orzo (maza). Il pane bianco era chiamato artos katharos, letteralmente pane puro.

Sono poi citati molti altri pani variamente conditi e aromatizzati, con formaggio, miele, sesamo, semi di papavero e via così…

Ostia antica, area dei mulini

Anche nell’antica Roma esistevano vari tipi di pane: candidus, bianco di farina fine, il secundarius e il plebeius. Da non dimenticare il panis quadratus e vari pani arricchiti di formaggio e miele, semi e frutta secca. I soldati romani avevano a disposizione le buccellae, pane biscottato, cioè bis-cotto, cotto due volte per poterlo meglio conservare e trasportare.

Ho pensato a come potevano essere le focaccette di Enea…ecco un’interpretazione:

Focaccette (per ammansir Cerbero)

500 gr. di farina 0, 25 gr. di lievito di birra fresco, 4/5 cucchiai di olio EVO, 4/5 cucchiai di miele millefiori o acacia liquido, un pizzicone di sale, un trito fine di rosmarino, acqua tiepida q.b.

Mescolare tutti gli ingredienti a formare una pasta morbida che dovrà riposare almeno un paio d’ore o finché non raddoppia di volume. Formare delle palline e far lievitare su una teglia unta per mezz’ora. Schiacciare leggermente, ungere di olio e cuocere in forno già caldo a 200° per un quarto d’ora ca.

Proviamo anche una versione decisamente più dolce di una ricetta di Ateneo: il koptoplakous, dolce di frutta secca. Allora, io l’avrei pensata così:

Koptoplakous

Per la pasta: 200 gr. di farina 00, 100 gr. di miele fluido di acacia o millefiori, un pugno di sesamo bianco, 2 cucchiai di olio EVO, acqua tiepida q.b.

Per il ripieno: 100 gr. di noci e 100 gr. di mandorle tritate, un pugno di semi di papavero, 100 gr. di miele, pepe q.b.

Tritare il sesamo, aggiungere la farina e piano piano il miele e l’olio, impastando. Aggiunger acqua a necessità per formare una pasta morbida ed elastica che riposerà coperta per un’ora. Intanto tostate i semi di papavero in un padellino ed aggiungerli alla frutta secca tritata. Scaldare leggermente il miele ed aggiunger il pepe e il trito; mescolare bene e far cuocere per pochi minuti per ben amalgamare il tutto.

Lasciar raffreddare. Riprendere la pasta e stenderla in due sfoglie sottilissime. Farcire la prima con il ripieno stendendolo bene; richiudere con la seconda sfoglia e sigillare molto bene i bordi. Cuoce in poco tempo in forno caldo a 170°, circa una decina di minuti.

Anna Ferrari, La cucina degli dei

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