Tre pizze per una
La pizza è oggi uno dei piatti simbolo dell’italianità all’estero. Lo stesso termine è intraducibile nelle altre lingue e ad ogni latitudine quella cosa lì, si chiama…pizza!
In realtà, questo piatto è relativamente di recente invenzione: la prima pizza (come la intendiamo noi) è della prima metà del ‘700, mentre la celeberrima Margherita, come vuole la leggenda, fu creata da un tale Raffaele Esposito a Napoli (ovviamente!) per onorare la regina Margherita di Savoia, a cui dedicò una sfoglia di pasta di pane condita con pomodoro, mozzarella e basilico, che ricordava il tricolore. Siamo già nel 1889, ad Unità completata. Probabilmente da Roma in su, questa pietanza era sconosciuta e non la si poteva certo definire un prodotto tipico della gastronomia italiana. A questo si aggiunga il fatto che il pomodoro non è di origine mediterranea, ma americana e che ci mise un bel po’ ad essere apprezzato dai diffidenti europei. Pellegrino Artusi, che pubblica il suo testo di cucina nel 1891, cita ben tre ricette di pizza, ma che in realtà sono due crostate dolci di pasta frolla e un piatto di frittelle. Nessuna notizia ancora della suddetta.
Però, e c’è un però: il termine “pizza” è già presente “nel 997 a Gaeta, dove duodecim pizze a Natale e a Pasqua costituiscono un donativo supplementare, oltre al canone in grano e vino, per l’affitto di un mulino sul Garigliano; è ragionevole pensare che in questo caso il termine indicasse tutt’al più un pane di qualche particolare raffinatezza;” la parola ricompare nel 1195, nel 1201, nel 1256 e nel 1307 nella forma pinza a Rimini, per poi sparire. Bisogna aspettare i ricettari nel 1500 dove ricompare il termine, ma complicato dal fatto che, a questo punto, si aggiungono anche le pizze sfogliate, dolci e zuccherose.
Dunque, stringendo: dal XVI sec. esistono tre piatti diversi con lo stesso nome: quella sfogliata, dolce, quella salata che è poi una torta ripiena, ed infine quella che sembrerebbe essere l’unica, vera antenata della pizza, un pane steso rotondo “che ognuno può comporre a suo gusto mescolando alla pasta del pane ogn’unto, come grasso, butiro, e oglio, indi mandorle, over noci rotte, similmente in queste pizze si può misticar’ogni frutto, ogni carne e ogn’herba.” Vincenzo Tanara, L’economia del cittadino in villa, 1644
Oggi ho preparato delle pizze sfogliate secondo la ricetta di Messisbugo, cuoco estense alla corte ferrarese di Ippolito d’Este. Siamo nel 1549.
Per fare dieci Pizze Sfogliate
100gr. mollica di pane bianco 500 gr farina 5 tuorli 150gr. burro morbido 2 cucchiai di acqua di rose 90 gr. zucchero 200gr.ca. burro fuso altro burro per friggere zucchero per spolverizzare
Ammorbidire il pane nell’acqua tiepida, strizzarlo e mettere nel mixer. Aggiungere farina, tuorli, 150 gr. di burro morbido e lo zucchero. Impastare bene e farai un pastoncello, come se volessi fare una spoglia da lasagne.
Poi si stende in una spoglia più sottile che potrai, e si ricopre tutta la superficie con burro fuso freddo; si arrotola su se stesso abbastanza stretto e si taglia a fette spesse un dito. Con il mattarello si stende ogni fetta sottile a forma circolare.
A questo punto Messisbugo consiglia di friggerle in altro burro(!!!) e servirle calde cosparse di zucchero. Ho provato a farle così, ma, secondo me, sono troppo unte e pesanti.
Meglio cotte in forno. per una decina di minuti a 200°. Il risultato è molto simile alla moderna pasta sfoglia, molto buona e profumata di acqua di rose.
Le note storiche sono tratte da “La cucina medievale” di E. Carnevale-Schianca