Peccaminosi ravioli

ravioli bianchi an. napoletano

“Il raviolo è oggi tradizionalmente classificato tra le paste ripiene. L’involucro di pasta nel Medioevo è invece una presenza saltuaria. Salimbene de Adam (1284), che racconta di aver gustato come una ghiottoneria i raviolos sine crusta de pasta vuole sottolineare che … è un segno di raffinatezza ai limiti del peccato di gola, come se, della torta, si consumasse il solo ripieno.”

Quindi il termine raviolo è estremamente ambiguo, perché indica sia della pasta ripiena, sia dei simil-gnocchi in genere a base di formaggio, oppure ancora delle polpettine da friggere. Potevano essere serviti nei giorni di magro, ma anche in quelli di grasso, piccoli o grandi, con aggiunta di carne o di erbe. Come piaceva ai cuochi medievali, ci si sbizzarriva nel colorarli: “di rosso con legno di sandalo e cannella, di giallo con zafferano e spezie, di verde con succo di bietole e maggiorana, di nero con paglia d’avena bruciata o biscotto abbrustolito, di paonazzo con succo di lamponi; e poi se ne mette sui taglieri uno per ciascun colore, polverizzandoli con misture di colore contrastante.” Bellissima presentazione, molto raffinata e moderna.

Nel mio piccolo mi sono fermata a soli due colori, bianco e giallo, ma mi impegno a provarne altri…

Ravioli bianchi

500gr. formaggio fresco morbido                  30gr. burro            3 albumi               3 cucchiai di zucchero   cannella e zenzero in polvere     poca farina   sale

Ammorbidire il burro a temperatura ambiente e aggiungervi il formaggio, lo zucchero e gli albumi leggermente montati con un pizzico di sale.

ravioli bianchi anonimo napoletano

Poi fa li ravioli longhi e grossi uno dito. Poi imbratelli in bona farina. Lessarli in acqua bollente pochi alla volta per pochi minuti. Servirli caldi in scutelle cum zucaro, canella.

ravioli bianchi anon. napoletano

Questa ricetta è tratta da un ricettario chiamato Anonimo Napoletano, quindi di chiara origine meridionale, ma, come già detto, trattasi di ricetta nota e famosa per tutta la penisola. Ravioli bianchi furono serviti come primo piatto in uno dei banchetti organizzato a Siena da Sozzo Bandinelli nel dicembre 1326, per festeggiare l’addobbamento cavalleresco del figlio Francesco:

“L’anno 1326 la mattina di Natale Messere Sozzo Bandinelli col figlio fFancesco andarono con grande onoranza al Duomo alla messa cantata, e poi sul pergolo di marmo fu fatto Cavaliere il medesimo Francesco…la festa fu … con pranzi e cene lautissime…con suoni, canti e balli e durò 8 dì avanti e 8 di dopo dimostrandosi allora la potenza e ricchezza di Sozzo Bandinelli nobile senese.”

Se  sostituiamo agli albumi i tuorli, otteniamo gli gnocchi:

“Se vuoi i gnocchi, togli lo cascio fresco e pestalo; poscia togli la farina et intridi con tuorla d’uova a modo di migliacci. Poni il paiuolo al fuoco con acqua e quando bolle, poni lo triso in su in uno taglieri, fallo andare colla cazza nel paiuolo, e quando sono cotti, poni sopra li taglieri e getta su assai cacio grattugiato.”

Gnocchi

500 gr. formaggio fresco       5 tuorli     200 gr. farina    100gr. parmigiano grattugiato

gnocchi libro di cucina

Si fa un impasto malleabile con tutti gli ingredienti da cuocere a cucchiaiate in acqua bollente salata. Bastano pochi minuti e si servono caldi con burro e parmigiano.

gnocchi libro di cucina (3)

La ricetta è tratta da Frammento di un libro di cucina del secolo XIV,  pubblicato da Olindo Guerrini a Bologna nel 1877, per essere offerto al poeta Giosuè Carducci come regalo per il matrimonio di sua figlia Laura. Il manoscritto originale, scritto in toscano, è stato ritrovato in un codice della Biblioteca Universitaria di Bologna. Nella sua introduzione del 1887, Guerrini fa costantemente riferimento a Nicolò Dei Salimbeni e ai 12 ghiotti ritenendo che tali ricette avrebbero potuto essere state scritte proprio dal cuoco di Dei Salimbeni.

Nicolò dei Salimbeni era un nobile senese vissuto nella metà del duecento. Lo ritroviamo nel canto XXIX dell’Inferno: Dante riferisce come egli discoverse il costoso vizio dei chiodi di garofano, che, si dice, usasse per condire le carni e arrivasse anche ad usarli al posto della brace per cuocere gli arrosti della cacciagione. Egli faceva parte della famosa brigata spendereccia, giovani nobili, ricchi e scapestrati che godevano, spendendo e spandendo in lussi, vizi e stravizi….

 

 

 

 

Le note storiche sono tratte da La cucina medievale di E. Carnevale Schianca