Pastelli romani e pasquali

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Al momento degli intermezzi, o entremets, arriva un classico della cucina medievale: la torta salata ripiena di carne. Già nel Liber de coquina ci sono molte ricette di questo genere: si chiamavano copo o pastillo, tradotto in volgare in “pastello”. Questo dell’anonimo cuoco toscano è ripieno di carne di pollo. La crosta fa solo da contenitore al ripieno perchè fino almeno al 1400 non veniva mangiata. Immagino che fosse molto dura e probabilmente fatta solo di farina ed acqua. L’importante, quindi non era la sua commestibilità, ma la gradevolezza alla vista. Ecco allora le indicazioni per modellare uccelli o altri animali che ti piacciano, fatti di pasta e cotti in forno. Difficile dire perchè si chiami “romano”, non certo perchè fosse una ricetta tipica romana.

Del pastello romano: Togli polli smembrati, spezie e zaffarano et erbe odorifere: mestali
insieme e friggili un poco: poi mettivi ova dibattute e agresta
in buona quantità; e intanto facciasi la crosta; componi poi il pastello,
facendo due o tre solari e a ciascuno solare mettendo spezie: al
di sopra metti lardo e copri il pastello e fa’ uno foro nel mezzo
dattorno: di sopra forma uccelli di pasta pieni o altri animali che
ti piacciano; e postovi del lardo, cuocilo nel forno, e da’ mangiare.
Simile modo si può fare di cascio fresco con carne battuta.

Pastello romano

400 gr. petto di pollo        spezie forti                 zafferano        olio EVO       3 uova          agresto 400g. pasta comune                  200gr. di ricotta         100gr. lardo di Colonnata              sale

Rosolare il pollo a pezzetti in padella con olio. Quando è ben dorato unire le spezie e il sale. Intando dividere la pasta in due e stenderla in due sfoglie, non troppo sottili. Con la prima, un poì più grande, foderare uno stampo tondo da 24 cm. unto e infarinato o con carta da forno. Unire al pollo tiepido le uova, due cucchiai di agresto e la ricotta. Amalgare bene e versare nella tortiera. Coprire con fette di lardo. Fare un coperchio con la seconda sfoglia, sigillando bene e facendo un foro al centro per la fuoriuscita del vapore. Cuocere in forno ben caldo a 180° per circa 30 minuti.

Sopra la crosta, con avanzi di pasta, sbizzaritevi nella decorazione animalesca o floreale o quello che più vi aggrada.

Se poi volete fare un figurone, riempite la crosta (cotta!) di uccelli vivi e servite in tavola:

Del pastello di uccelli vivi: Fa’ il pastello e empilo di semola, e fallo cocere nel forno; quando sia cotto, gittane fuori la semola per uno buco di sotto o da lato, e inchiudivi dentro diversi uccelli vivi, quelli che tu vuoli: e fa’ fenestrelle nel pastello, a modo di fenestrelle di gabbia; e fatto questo ponasi nell’arbore che si dirà.

Oppure, un po’ più semplice, (si fa per dire…) ma solo per le festività pasquali:

Del giardino: Nelle gran feste e dì pascuali, fa’ di pasta uno arbore o vite o giardino. E in su l’arbore appicca pomi, pere, o uccelli, o uve, o ciò che tu vuoli, diversi, fatti di pasta distemperata con ova; e debbiansi empire di empiture sopra dette e coloralle di diversi colori, come giallo, verde, bianco e nero. A onore del detto arbore, poni nel mezzo d’esso un pastello, ovvero gabbia piena d’uccelli; e in tale arbore puoi ponere tutti i frutti li quali troverai, secondo e’diversi tempi. Quando si portarà nella corte, facciasi sotto l’albore (o vite, o giardino) fuoco di legne altamente, e ponanvisi vergelle odorifere; e ponanvisi pomposamente.

Gaetano Romagnoli, pubblicando il testo per la prima volta nel 1864, definisce l’Anonimo toscano in modo poco lusinghiero, proprio citando questo passo: “così scriveva forse un idiota cuoco che vivea cinquecento anni fa!”  In realtà l’uso di servire piatti così scenografici e, vogliamo dire, un po’ esagerati, era abbastanza comune sin dall’antica Roma come ci ricorda il Satyricon di Petronio. Quindi niente di strano e inusuale.

 

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