Pasqua con l’Artusi

Pasqua con l’Artusi

Quest’anno ricorrono 200 anni dalla nascita del grande Pellegrino Artusi, padre della cucina moderna italiana. Nato a Forlimpopoli il 4 agosto 1820, morirà a Firenze nel 1911 all’età di 91 anni. Probabilmente neppure lui avrebbe mai potuto immaginare il successo planetario della sua opera “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” pubblicato a proprie spese nel 1891 in soli mille esemplari. Personalmente possiedo una copia del 1960 su cui leggo “95° ristampa”!

E’ lo stesso Artusi che, sgomento, racconta che l’amico professore Francesco Trevisan pronunziò la brutta sentenza: questo è libro che avrà poco esito. Dopo aver proposto la pubblicazione ad un paio di case editrici, decise di stamparselo in proprio. Le cose non andarono benissimo sul momento: due ingrati beneficiari del libro in una pesca di beneficenza, non sapendo di che farsene, andarono a venderli al tabaccaio!

Finalmente dopo tante bastonature, sorse spontaneamente un uomo di genio a perorar la mia causa. Il professor Paolo Mantegazza, con quell’intuito pronto e sicuro che lo distingueva, conobbe subito che quel mio lavoro qualche merito lo aveva, potendo essere utile alle famiglie…

Lentamente il libro cominciò ad essere venduto sempre in maggior numero fino ad arrivare ad oggi. Profetico fu lo stesso autore che così scrive nella prefazione che non a torto si intitola “La storia di un libro che rassomiglia alla storia della Cenerentola“:

Cieco chi non lo vede! Stanno per finire i tempi delle seducenti e lusinghiere ideali illusioni e degli anacoreti; il mondo corre assetato anche più che non dovrebbe, alle vive fonti del piacere…

…e sicuramente il cibo è uno di questi piaceri!

“La scienza in cucina” è un libro completo che raccoglie 790 ricette organizzate secondo la sequenza tipica di un pranzo ancora ottocentesco: brodi e minestre, principii cioè gli antipasti, salse varie, uova, fritti, trasmessi, umidi e rifreddi, erbaggi e legumi, pesce, arrosti, pasticceria e per finire, liquori e gelati. In fondo un’appendice per gli stomachi deboli e note di pranzi per ogni mese dell’anno.

Interessante l’aggiunta di ricette per gli stomaci deboli che mi ricorda tanto i ricettari medievali in cui compaiono sempre indicazioni di piatti per gli ammalati. Anche il termine trasmessi arriva direttamente dal Medioevo, dal termine francese entremets, intermezzi, quei piatti cioè di passaggio tra le portate più impegnative. Qui hanno perso il carattere di sorpresa e di spettacolarità che avevano fino almeno al ‘600, sono piatti vari, dai maccheroni alle torte salate. Figlia del positivismo invece, la piccola introduzione su Alcune norme d’igiene, nel senso di piccole regole per vivere sani e felici, come la temperanza nel cibo e l’esercizio dei corpi.

Ogni ricetta è commentata con grande spirito ed arguzia dall’autore che ne fanno un libro godibilissimo anche per chi non capisca nulla di cucina e neppure abbia intenzione di cucinare qualcosa. Che poi sarebbe proprio un peccato, perchè i piatti preparati sono spesso semplici e molto saporiti. Non per niente, nelle intenzioni dell’Artusi, il libro doveva essere un manuale pratico per le famiglie, e questo spiega probabilmente il motivo dell’enorme successo del libro.

Ci sono ricette della tradizione dell’Italia appena unita, ma anche quelle che provengono dall’estero (o presunte tali) ed anche alcune che gli sono state suggerite da anonime massaie.

Dopo questa doverosa e noiosissima introduzione, vi racconto una paio di ricette del pranzo pasquale consigliato dall’Artusi. Realizzare l’intero pranzo è per i nostri stomaci moderni un po’ pesantuccio, ma volendo esagerare per rimanere in linea con i suoi consigli, si potrebbe cominciare con una piccola tazza di brodo sgrassato, crostini alla toscana con fegatini di pollo, gnocchi alla romana, arrosto con insalata, stiacciata. Ma solo per i più coraggiosi…

Gnocchi alla romana

150 gr. di farina, 20 gr. di burro, 50 gr. di grana o parmigiano, mezzo litro di latte, 2 uova, un pizzicone di sale. Burro e parmigiano per la finitura

Scaldare leggermente il latte e poi aggiungere la miscela di uova sbattute con farina e formaggio e il sale. Mescolare e far cuocere finché non si addenserà. Allontanare dal fuoco ed aggiungere il burro. Quando è tiepido e maneggiabile fare un impasto lavorabile sulla spianatoia e preparare gli gnocchi.

Sistemarli in una pirofila imburrata, cospargere con fiocchetti di burro e parmigiano; passare in forno a grigliare per una quindicina di minuti a 180°.

Questi gnocchi…spero vi piaceranno…se ciò avviene fate un brindisi alla mia salute se sarò vivo o mandatemi un requiescat se sarò andato a rincalzare i cavoli.

Stiacciata alla livornese

6 uova, 30 gr. di lievito di birra, 800 gr. di farina 0, 300 gr. di zucchero, 100 gr. di olio EVO, 30 gr. di burro, semi di anice tritati, marsala e vinsanto 1 bicchiere, acqua di fiori d’arancio, 1 tuorlo per spennellare la superficie

Sciogliere il lievito in poca acqua tiepida e aggiungere un pugno di farina. Fare un impasto e lasciar riposare per qualche ora al caldo. Poi riprendere il panetto e mettere in planetaria insieme agli altri ingredienti, aggiungendo le uova una alla volta. Impastare con il gancio a lungo finché non risulti un bell’impasto ben incordato. Coprire con un canovaccio e far lievitare per almeno 8 ore al caldo. Riprendere l’impasto, sgonfiarlo e adagiarlo in una teglia imburrata. Far lievitare ancora un’ora, poi spennellare con il tuorlo allungato con poca acqua di fiori d’arancio. Cuocere in forno caldo a 180° per circa un’ora.

La lavorazione della stiacciata, che è poi un profumato panbrioche, richiede un po’ di manualità. Io ho accorciato di molto i tempi di lavorazione e lievitazione usando un lievito di birra fresco.

Il termine Pasqua d’uovo si riferisce alla Pasqua di resurrezione per distinguerla dalla Pasqua di rose che si festeggia il giorno di Pentecoste. La stiacciata, morbida e profumata, potrebbe essere una valida alternativa alla tradizionale colomba.