Parmentier, L’Ecluse, pregiudizi e patate

Parmentier, L’Ecluse, pregiudizi e patate

Il nome di Charle de L’Ecluse forse non vi dirà nulla, ma nella storia dell’alimentazione moderna merita un posto di riguardo. Soprattutto se amate le patatine fritte. Andiamo con ordine.

Il dottor de L’Ecluse, più noto con il nome latinizzato di Carolus Clusius, era nato ad Arras in Francia nel 1526; dopo gli studi di medicina, il suo interesse si sposta verso la botanica. Scrive così la prima grande opera specialistica in francese sulla storia delle piante con disegni e tavole di piante, semi e bulbi. Era molto interessato soprattutto alla classificazione di nuove specie botaniche: non ci dimentichiamo che le Americhe erano stare scoperte da poco e da lì arrivavano nuovissime piante sconosciute.

Un giorno, il 26 gennaio 1588, si trovava a Vienna, intendente dei giardini imperiali, e riceve due strane radici. Le manda il prefetto Philippe de Sivry che le ha, a sua volta, avute in dono da un accompagnatore del papa in Belgio. Il loro nome sarebbe taratoufli. De L’Ecluse le studia attentamente; è convinto che non provengano dall’Italia ma ritiene che siano di una delle piante provenienti dal Nuovo Mondo:

Nelle vicinanze di Quito, gli abitanti hanno, oltre il mais, due piante che servono a sostentarne l’esistenza, una delle quali è la papa, dalle radici quasi simili a tuberi, sprovvista di involucro duro: una volta cotta ha una polpa tenera quasi come la purea di castagne…

Ernest Roze

Il problema è riuscire a classificarla, quindi si procede per comparazione con quello che si conosce:

le foglie ricordano quelle del rafano, i fiori profumano di tiglio, i frutti sono pomi rotondi simili a quelli della mandragora.

Per chi non lo sapesse la mandragora è una pianta mitica, velenosissima, della famiglia delle solanacee. Insieme al giusquiamo, alla belladonna sono ingredienti principali delle pozione e dei filtri delle streghe; uccidono, avvelenano e trasformano i malcapitati in bestie. Di vero c’è che sono certamente ricche di sostanze allucinogene, droghe pret a porter alla portata di tutti.

Ma torniamo ala patata che da questo momento prende il nome di pomme de terre il che non versa a suo favore perchè, secondo la dietetica medievale (ed oltre) tutto ciò che cresce sotto terra risente di “influenze” infernali. Il punto centrale è capire se sia o meno commestibile. Ora, se si dà credito ai missionari spagnoli, lo è di certo visto che gli indigeni americani ne fanno grande uso, ma, essendo per natura una pianta tossica, è essenziale conoscerne i metodi di cottura e preparazione.

L’Ecluse sa che ciò che è mangiabile senza rischio per gli indiani non lo è necessariamente per gli altri.

Quindi decide di coltivarli, scoprendo così che è una pianta estremamente prolifica, dai bellissimi fiori ma con frutti brutti dalla consistenza pastosa. Coraggiosamente, dopo averli sbucciati e cotti al vapore, li assaggia con una salsa grassa di rapa e montone. Il giudizio è positivo, almeno è rimasto in vita, hanno un sapore simile alle rape ma sconsiglia di mangiarli crudi perchè indigesti (evidentemente li aveva anche assaggiati crudi!)

A questo punto la storia procede tra alti e bassi: si scopre che in Italia i contadini la coltivassero già da tempo come cibo per i maiali: poi nel 1596 il naturalista svizzero Bauhin la classifica con il nome di Solanum tuberosum con cui ancora oggi è conosciuta, ma le riconosce il potere di dare la lebbra anche se può stimolare Venere. Successivamente, fino almeno al 1760, vive delle fasi alterne, quasi dimenticata e talvolta rifiutata. I motivi vanno ricercati nella coltura sbagliata nei tempi, la raccolta precoce e l’ingestione a crudo di patate acerbe ricche di solanina, che è tossica.

Fu cibo di carestia durante la Guerra dei Trenta anni e viene ricordata anche sulla tavola di Luigi XIII nel 1613, poi nel Settecento ritorna ad essere buona solo per i maiali, una pianta malsana che porta la lebbra. L’unica cultura che si convertì al consumo della patata fu quella irlandese secondo quanto è raccontato da un viaggiatore inglese, Arthur Young, tra il 1777 e il 1779. Pare che l’irlandese medio fosse già dal 1650, un gran consumatore di patate gustate lesse con burro e sale. Alla fine del ‘700 la troviamo in Alsazia come ingrediente utile per fare il pane in mancanza di cereali più nobili.

Insomma la storia dell’affermazione di questa tubero va in salita, ma ha un lieto fine ed è legato al nome di Antoine Parmentier. Farmacista e agronomo francese, scoprì le qualità nutritive di questa pianta durante la sua detenzione nei carceri prussiani dove veniva chiamata kartofel: al suo ritorno in Francia, ne selezionò una dozzina di varietà promuovendo un alimento che gli aveva salvato la vita. Presentando i vantaggi del tubero di fronte all’Accademia di Besancon, nel 1772 spiega:

Quello che presento è il semplice esame di una radice a lungo bistrattata e su cui persistono dei pregiudizi; avrò raggiunto il mio scopo se potrò contribuire ad abbatterli.

La regina Maria Antonietta ordina alla modista di corte, Rose Bertin dei cappelli ornati con fiori di patata e mangia la patata in purea, i nobili, uomini di corte o di potere, cominciano a mangiarne e a fare pubblicità al nuovo piatto.

Lentamente la patata verrà sdoganata da ogni sospetto di tossicità ed entrerà a pieno titolo nei menù di tutta Europa. Ad Antoine Parmentier è dedicata la famosa zuppa a base di porri e patate, che porta il suo nome.