Moschus moschiferus (e pestiferus)

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In Italia, nei banchetti rinascimentali, la tavola veniva apparecchiata con gran cura; questa la descrizione di Cristoforo di Messisbugo, cuoco alla corte estense di Ferrara, di una cena nella prima metà del ‘500:

“Cena di carne, e pesce che fece il magnifico Conte Alphonso di Contrarij, allo Illustrissimo e Eccellentissimo signor Duca di Chiartes, e alla illustrissima madamma sua consorte….segue una lunga serie di illustrissimi… Prima si adacquò e spazzò la sala nella quale havevano ballato le persone, le quali si ritirorono in un salotto dove si recitò una predica d’Amore e posta insieme la tavola che fu di braccia 48 di longhezza, con tre mantili, l’uno sopra l’altro, e se li posero sopra quindici candellieri d’argento, con 15 torchietti bianchi e saline 15 poi fu posto sopra essa: pan boffetto di latte, una brazzatella con una presa di …. dorata, una salvieta, un coltello con un poco di fiori fatti d’oro, di seta di varij colori profumati per cadauna posta, prima si profumò la sala…poi si posero in tavola queste cose.”

Inizia il servizio freddo con insalate varie, salami, capponi e formaggi. “Poi diedero acqua odorifera alle mani e si assettarono tutti a tavola, poi che hebbero per un pezzo mangiato, si portò questa prima vivanda e innanti che si ponesse in tavola, si levarono le prime cose di sopra dette..”

A questo punto comincia la cena vera e propria con ben 6 vivande  composte da 20-30 portate, una specie di mega buffet, con molta carne, pasticci dolci e salati, fritti vari ecc. ecc. Ogni volta si cambiano tovaglia e tovaglioli e si porta acqua odorifera per le mani. E quivi finì la cena e ogniuno si ritirò nel salotto dove si recitò una farsetta e si fece una moresca e intanto che si levarono le tavole e si adacquò e spazzò la sala e si tornò a ballare. A notte fonda si porta questa collatione composta di confetti, gelatine, acqua zuccherata.” Messisbugo, Libro novo, 1557

Quello che per noi corrisponde grosso modo all’antipasto era già servito in tavola prima dell’arrivo degli ospiti, insieme al coltello e al tovagliolo, mentre ancora manca la forchetta. Per ogni commensale un pane, un biscotto, una brazzatella, un marzapane, oppure sosameli e mostazzoli.

Sosameli. A fare sosameli perfetissimi numero XXXVI. Togli libra una di farina biancha, e libre do di zuccaro pisto, e ben passato per lo sedazzo, e oncia una di cannella fina pista, e due picicotti di pevere pisto, e tre torli d’uova e uno col chiaro e uno ottavo di pevere longo e acqua rosata mescolata con un poco di sale, con diligenza fa la tua pasta un poco duretta, e menala molto bene. Poi habbi la stampa, e fa quello che vuoi stampare. E ponendoli un pocheto di Muschio seranno migliori, poi metteli a cuocere nel forno sopra una asse picciola.

150 gr. farina    300gr. zucchero    1 uovo e 1 tuorlo  pepe   cannella  un pizzico di sale     mezzo bicchiere di acqua rosata

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Si uniscono gli ingredienti, per fare una pasta duretta. Si stende e si ritaglia a piacimento; cuocere in forno caldo a 180° per una decina di minuti.

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Esiste una versione più antica di almeno un secolo, tratta da Anonimo Lucano: il sosamello è una specie di pasticcino fatto con miele, spezie varie, vino cotto e farina. Torniamo al Messisbugo:

A fare mostazzoli di zuccaro. Piglia di cedro confetto tagliato minutamente libre tre, di mele collato lib. cinque, di pevere cinque ottavi, di zaffarano scrupulo uno, di cinnamomo tre quarti d’oncia, di muschio tre grani, di farina tanto che basti ad impastare dette robbe. Poi li farai cuocere come i pampapati, ma questi si fanno d’oncie 4 in 6, l’uno, e non più grandi.

200 gr canditi tritati   300gr. miele fluido (millefiori o acacia)             pepe  zafferano cannella          farina q.b.

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Molto semplicemente si impasta il tutto, aggiungendo farina abbastanza per ottenere un impasto abbastanza sodo. Si mette a cucchiate su una teglia e si cuociono in forno caldo a 180° per una ventina di minuti.

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Questi dolcetti sono squisiti. Il nome mostazzolo o mostacciolo, deriva dal fatto che anticamente veniva usato il mosto al posto del miele che ormai era largamente utilizzato. Attenzione alle dentiere perché sono estremamente dolci…

Una parola sui grani di muschio: è una sostanza odorosa di origine animale che si raccoglie in una ghiandola situata sul prepuzio di un piccolo cervide, il mosco. Veniva fatta essiccare al sole e asciugandosi si riduceva in piccoli granuli resinosi. Ne parla anche Marco Polo nel suo Milione, chiamandolo moscado. Sarà stata anche una prelibatezza, ma preferisco non sapere di cosa profumasse…