Le Fornacalia

Le Fornacalia
Macina per il grano, Ostia antica

…. curio legitimis nunc Fornacalia verbis
     maximus indicit …
inque foro, multa circum pendente tabella,
    signatur certa curia quaeque nota,
stultaque pars populi quae sit sua curia nescit..
     . Ovidio, Fasti, 529-530

il Curione Massimo indiceva le Fornacalia con parole legittime (secondo legge)… nel foro in una tabella appesa era segnata la curia” di cui ciascun cittadino faceva parte perché c’era anche “la stolta parte del popolo che non conosceva quale fosse la propria curia”

Le Fornacalia erano una festa romana che grosso modo cominciava il 7 febbraio e terminava non oltre il 16 febbraio. In quei giorni si sacrificava alla dea Fornace o Fornax, rito istituito, secondo la tradizione da Numa, secondo quanto racconta Plinio, nella sua Naturalis Historia:

Numa instituit deos fruge colere et mola salsa supplicare atque, ut auctor est Hemina, far torrere, quoniam tostum cibo salubrius esset, id uno modo consectu<s>, statuendo non esse purum ad rem divinam nisi tostum.  is et Fornacal<i>a instituit farris torrendi ferias …. Plinio, Naturalis historia, XVIII

Plinio spiega che alla dea si offriva la mola salsa e per questo si doveva “torrere far“, “tostare il farro” perchè riteneva che fosse più salubre e che non fosse adatto alla res divina se non tostato. Quindi ogni curia, secondo la tabella appesa nel foro, doveva tostare e macinare il farro per fare focacce votive (mola salsa) da sacrificare alla dea Fornace.

Questa focaccia sacra veniva preparata anche in occasione di altre feste religiose come i Lupercalia o le Vestalia; la sua preparazione, di per sé non complicatissima, doveva seguire un rituale ben preciso: il farro raccolto tra le none e le idi di maggio veniva portato nella casa delle Vestali dove le spighe erano sgranate e i chicchi tostati e macinati.

La farina che si otteneva era impastata con acqua e con l’impasto si preparavano delle focacce tonde da cuocere in forno. Una volta cotte venivano cosparse con una miscela di acqua e sale fatta prosciugare nel forno, la cosiddetta muries. Per questo motivo la focaccia (mola) si diceva salsa, cioè salata.

sale affumicato

Ricordo che una focaccia di farro veniva consumata nel rito matrimoniale dei patrizi che, appunto, prendeva il nome di confaerratio.

Anch’io ho riprovato a fare una mola salsa come si deve, ma ho usato la scorciatoia della farina di farro già pronta e ho aggiunto del lievito di birra per renderla più soffice. Per dare l’idea della tostatura del sale, ho utilizzato del sale affumicato. Allora, ricetta:

Mola salsa

500 gr. di farina di farro, 15 gr. di lievito di birra, acqua, olio EVO q.b. e poco sale

Tostare per pochi minuti la farina in una larga padella antiaderente; intanto sciogliere il lievito in poca acqua tiepida, aggiugere alla farina insieme ad un pizzico di sale ed impastare. Far lievitare per un paio d’ore al caldo e poi formare delle focaccine tonde. Lasciar lievitare ancora un’oretta scarsa, ungere con olio EVO e cospargere di sale; cuocere per 15 minuti in forno caldo a 200°.

Il farro è il primo cereale usato nell’antichità, conosciuto e consumato già dagli antichi Egizi.