La torta bianca

Torta di ricotta-artusiPiù volte ho scritto di torte e tortini di cui la letteratura gastronomica medievale è particolarmente ricca. I termini per indicare questo tipo di preparazione sono vari: pastello o pastillo, copo o coppo, torta o turta. Lasciamo litigare gli studiosi sull’etimologia delle parole (che non è chiara e assai controversa) e andiamo al succo, cioè al ripieno: “le composizioni con cui si farciscono le torte sono di una varietà sorprendente…i criteri generali…sono finalizzati a dare ai ripieni la tipica consistenza omogenea e pastosa che è la caratteristica saliente delle torte, quella che la distingue da crostate e pastelli.” E. C. Schianca, La cucina medievale

Dunque, la differenza tra la torta (più antica) e il pastello (tipico medievale) sta proprio lì, nel fatto che la prima somiglia di più alle moderne sfoglie salate per il ripieno morbido e pastoso, mentre il secondo era fatto di una o due croste (sopra e sotto) che servivano da contenitore per ingredienti non amalgamati, addirittura piccoli animali interi come polli o galline (ovviamente spiumati e puliti…) Servito come entremets doveva sorprendere gli ospiti e strappare l’applauso.

Fra le torte più diffuse e conosciute c’è la torta bianca, fatta, appunto, con ingredienti per lo più bianchi, come latte, formaggio, zucchero, albumi, strutto. La si ritrova nel Liber de Coquina, negli Anonimi, ma anche nei coevi ricettari francesi e inglesi: il copo de lacte, il casiophas, la torta de late e de caxo, la tart de bry, e la daryols del Form of Cury. Si ritroverà nel ricettario di Mastro Martino del 1400, ma anche nel Platina alla metà de ‘500 e nell’Epulario del Rosselli. Scorrono i secoli e ho ritrovato la stessa ricetta ne “La scienza in cucina” dell’Artusi del 1891:

è il dolce che si imbandisce di preferenza alle nozze dei contadini in Romagna e che per merito, può dar molti punti a tanti dolci raffazzonati dai pasticceri.”

torta di ricotta artusi2

Torta di ricotta

Per la crosta: pasta matta fatta con 200gr. di farina, un pizzico di sale, un cucchiaio di zucchero e acqua q.b.

Per il ripieno:  500 gr. ricotta            150 gr. zucchero          150 gr. mandorle tritatissime       4 uova     4 tuorli       odore di vainiglia

Si prepara la sfoglia da tirare molto sottile. Si fodera uno stampo di 22 cm. di diametro con carta-forno e ci si stende la sfoglia. Montare tutte le uova con lo zucchero, aggiungere la vaniglia, le mandorle e la ricotta passata al setaccio. Si versa il composto nella crosta e si copre con un foglio di alluminio. Cuoce in forno già caldo a 160°-170° per un’oretta scarsa. Deve risultare morbida e non troppo asciutta. “Raccomando il calore moderatissimo e la precauzione di un foglio sopra unto con il burro, perchè la bellezza di questa torta è che sia cotta in bianco.”

La torta è buonissima, anche se, contrariamente all’Artusi, che la vuole ben diaccia, la preferisco tiepida. Come anche suggeriscono i manuali medievali, fondamentale che la superficie rimanga bianca (forse proprio per questo veniva riservata ai matrimoni); la crosta è fatta esattamente come prescritto nel Liber de Coquina senza grassi e, secondo l’uso dell’epoca, non veniva mangiata. La stessa indicazione viene suggerita dall’Artusi: “…pasta matta, sotto la quale si mangia o no secondo il piacere di ognuno, essendosi essa usata al solo scopo di ornamento e di pulizia.”

Insomma, una vera torta medievale che ha resistito al passare di ben 600 anni e che è ancora oggi mangiabilissima!