La castagnata

torta di castagne (2)

Archiviate le padelle, ho deciso di cimentarmi nella pulizia della dispensa dove ho scoperto un sacchetto di farina di castagne che giaceva esanime da un po’.  Ma partiamo dall’inizio:

Il castagno è “un albero di antichissima origine largamente diffuso nelle regioni montuose delle zone temperate… Plinio classifica la castagna tra le nuces e ne elenca le varietà. Taranto e Napoli erano anticamente, i più noti centri di produzione, ma la regione dove il castagno prosperava spontaneamente  era l’Italia settentrionale, dove si può supporre che già in epoca romana, fosse una risorsa alimentare importante.” Nelle Bucoliche di Virgilio, (I sec. a.C.) il pastore Titiro offre all’esule Melibeo castagne con formaggio e mele dolci.

“Secondo la dietetica medievale, le castagne sono calde e secche; sono nutrienti e abbastanza facili da digerire.” Lessate sono diuretiche, ma crude producono ventosità “gonfiando lo stomaco di vapori”. La castagna aveva però delle qualità innegabili: “il suo prezzo risulta regolarmente inferiore a quello degli altri farinacei, il suo livello nutrizionale è più che discreto, e inoltre si tratta di una derrata facilmente reperibile.” Era quindi, per lo più consumata dai poveri, ma anche dai ricchi “accompagnandola da vino e chiacchiere” come raccontano le novelle trecentesche del Sacchetti e del Sercambi.

La cucina medievale le usa sia secche che fresche. Le prime cotte in acqua o nel latte sono poi schiacciate e impastate nel pane, oppure addolcite con miele e speziate per farne delle pappe dolci. Quelle fresche sono più adatte ai signori che le preferiscono arrostite, servite con formaggio. Da provare la ricetta tratta da un manoscritto italiano, databile tra la fine del XV e inizi del XVI sec. (Ms. Western 211) di una castagnata: si lessano le castagne, poi si pestano con latte di mandorle e si fanno addensare con farina di riso, cannella, zenzero; si serve calda spolverizzata con zucchero, cannella e castagne intere. Mi pare un ottimo comfort-food, cioè quei cibi che riscaldano il corpo e lo spirito.

Ma il mio sacchetto di farina è sempre lì; non volendo fare il solito, peraltro mitico castagnaccio,  ho dovuto ripiegare sull’amato Artusi, che nel 1891 pubblica questa ricetta per uno Sformato di farina dolce.

“Un signore di Barga di onorevole casato, che non ho il piacere di conoscere personalmente…ha voluto gratificarsi meco, mandandomi la presente ricetta che credo meritevole di essere pubblicata ed anche lodata.”

Sformato di farina dolce

200gr farina di castagne      50gr. cioccolato fondente   30gr. zucchero          25 gr. burro              20gr. canditi                       50gr. mandorle tritate          mezzo litro di latte     3 uova     panna montata “coll’odore di vainiglia”

torta di castagne (4)

Scaldare il latte su fuoco medio aggiungendo la cioccolata. Quando è sciolta, unire zucchero, burro e lentamente la farina, mescolando bene con una frusta per non fare grumi. Cuocere per una decina di minuti poi far raffreddare. Aggiungere le mandorle e i canditi, i tuorli e per ultimi i bianchi montati con un pizzico di sale.

 

torta di castagne (3)

Si versa in uno stampo a ciambella (imburrato o con carta forno) e si cuoce in forno caldo a 160° a bagnomaria per circa 45 minuti, o finchè non sia rassodato. “…e mandatelo in tavola col ripieno della panna surricordata.”

Mi unisco alle lodi all’anonimo signore di Barga.

(Le note storiche sono tratte da “La cucina medievale” di E. Carnevale Schianca)

torta di castagne