Sua maestà il fagiolo

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“Nel X secolo iniziano a diffondersi le colture dei legumi, i legumi sono in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di una persona che lavora. Aumenta il contributo di proteine, si diventa più robusti, si muore meno giovani, si fanno più bambini, l’ Europa si ripopola…se noi siamo ancora qui, voglio dire noi Europei, figli di quei nostri antenati, ma anche quegli Americani delle tre Americhe, figli dei Padri pellegrini o dei conquistadores spagnoli, questo è dovuto ai fagioli. Senza i fagioli la popolazione europea non sarebbe raddoppiata in pochi secoli, oggi non saremmo cinque o sei miliardi e alcuni di noi, tra cui anche i lettori di questo articolo, non esisterebbero.”

Umberto Eco, Corriere della Sera, 1999

Facciamo subito chiarezza sulla questione: i fagioli che oggi sono sulle nostre tavole (cannellini, borlotti…) non sarebbero potuti stare sulle tavole medievali, perchè furono portati dal Nuovo Mondo da Cristoforo Colombo. Nei ricettari medievali, però, a partire dal Liber de Coquina, si parla diffusamente di fagioli; ma quei fagioli erano i semi dei Dolichos, detti anche fagioli d’Egitto o con l’occhio per la  macchia nera sulla superficie. Associati al culto dei defunti, costituivano l’alimento dei sacerdoti egizi durante i riti isidei. I romani, invece, li consideravano un alimento rozzo e popolare (Virgilio li definisce vili) anche se Apicio inserì nel suo ricettario alcune preparazioni di Dolichos, conditi con garum, agresto o altre salse piccanti, da servire come antipasto. Nell’Alto Medioevo divennero cibo indispensabile sulle tavole dei più poveri, dal momento che si coltivavano facilmente ed avevano ottime proprietà nutrizionali.

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Secondo il “Tacuinum Sanitatis“, prontuario medico dell’XI sec. i fagioli sono di natura calda e umida.

“I migliori sono rossi e non bucherellati. Impinguano il corpo e producono urina, ma danno nausea e cattivi sogni“.

Il rimedio per non avere brutti sogni è condirli con olio, salamoia e senape.

La stessa tesi viene ribadita dal phisicus Aldobrandino da Siena un secolo dopo:

“I fagioli sono caldi ed umidi… e generano grossi umori e gonfiano e riempiono il cervello con mali umori…e questo accade di più con quelli freschi che con quelli secchi, ma fanno urinare bene…da mangiare si scelgano i più bianchi…e si cuociano in acqua…puliti dalle bucce.”

Aldobrandino preferisce i fagioli bianchi rispetto a quelli rossi, ma per il resto è d’accordo con l’autore del Tacuinum: fanno venire gonfiori e cattivi umori, quindi non sono adatti ai signori.

Il bel fagiolo amercano, ebbe estimatori coronati come l’imperatore Carlo V,  papa Clemente VII e Caterina de’ Medici che ne intuirono l’importanza alimentare. Nel 1544 se ne coltivava in Europa, a scopo ornamentale e alimentare, una decina di varietà tra i quali i bianchi di Spagna, quelli di Lima, i borlotti, i cannellini.

Prepariamoci una perfettissima torta (salata) a base di fagioli:

Torta di fagioli

Torta de faxolli freschi.Toli li faxoli e fali coxere con la panza del porcho, poy pesta li faxoli in mortaro e la panza con cortello, poy mitige le meiore specie che poy avere e mitige tanto formazo che sia la mità o almen el terzo del altro batuto, e mitige lardo vechio e fay la torta ed è perfettissima.

400 gr. sfoglia o briseè        400 gr. fagioli bianchi dall’occhio lessati  100 gr. pancetta affumicata a dadini             200 gr. ricotta         spezie per tutti gli usi         50 gr. burro   olio EVO

Soffriggere la pancetta in olio e burro. Quando è ben rosolata, aggiungere i fagioli e far insaporire per qualche minuto. Far raffreddare leggermente e  mettere nel mixer con la ricotta e le spezie. Aggiustare di sale; stendere la pasta in due sfoglie da farcire con il ripieno. Cuocere in forno già caldo a 200° per 15-20 min. coprendo con alluminio se scurisce troppo. Per la briseè i tempi si allungano un po’: 30 min. a 180°. Fate delle sfoglie piuttosto sottili.

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Più semplice la ricetta, secondo l’uso della Marca “trivisina”

41. — Ad usum Marchie trivisine, pone fassellos bullitos delicatos
ad coquendum cum carnibus salsatis, posito pipere et safrano.

Fagioli alla “marca trevisana”

250 gr fagioli dall’occhio secchi        100 gr pancetta affumicata a dadini     pepe       zafferano   sale

I legumi secchi vanno messi a bagno per una notte e lessati per un paio d’ore. Intanto scaldare l’olio in una pentola di coccio, aggiungere la pancetta a dadini piccoli piccoli e far soffriggere molto dolcemente. Versare i fagioli scolati  e far insaporire. Coprire con acqua calda e portare a bollore. Aggiustare di sale e pepe e per finire aggiungere una bustina di zafferano. Prima di servire date una frullata al tutto, risulterà più cremosa e più gradevole.