Forni e fornelli: il mestiere del cuoco

Immaginate un castello medievale in una serata d’inverno, grandi stanze, soffitti altissimi, muri di pietra nuda, un gran freddo e poca luce tremolante delle torce e delle candele accese un po’ ovunque. Sarà forse romantico per qualcuno, ma se la vita era dura per i signori,  molto di più lo era per la maggior parte della popolazione.

E allora fortunato quel cuoco che vive in una grande cucina a piano terra, con i fuochi sempre accesi, grandi pentoloni che ribollono ad ogni ora, carni che arrostiscono sugli spiedi; gli odori del cucinato si mescolano ai fumi delle braci, ai profumi delle spezie, della cannella, dei chiodi di garofano, del macis, della galanga, del pepe. Una cucina affollata da valletti, garzoni, mani che spiumano, tritano, impastano, mescolano, che spostano pentoloni di terraglia o di ferro, pesanti e ingombranti.

Ognuno ha la propria mansione, dalla più umile alla più creativa; è quest’ultima che spetta al cuoco che è un artifex, un artefice, perchè usa le mani, ma anche artista perchè crea, inventa e reinventa. Sa che da questo dipende il suo futuro: accontentare il signore è imperativo categorico, stupirlo con “entremets” spettacolari, sculture di zucchero, animali che sembrano vivi, castelli di pasta che sputano fuoco, il tutto servito cum magna pompa.

Gli ingredienti a disposizione erano molti, ma la maggior parte di quello che mangiamo noi oggi è stato importato dalle Americhe nel XV sec. o dagli Arabi nel XI sec. Non c’erano pomodori, zucchine, mais, cacao. Alcuni prodotti si conoscevano, ma non si mangiavano, come ad esempio le melanzane, mala insana, perchè ritenute tossiche e guardate con sospetto.

Non c’erano forni con temperatura regolabile e fornelli a gas. Fare una crema o cuocere una torta senza farla bruciare doveva essere un’impresa titanica. Per questo motivo, nei ricettari, sono sempre presenti indicazioni tecniche, mai troppo ripetute: mescola spesso con il cucchiaio, attento al fumo, bada al forno… Niente frullatori o mixer: grandi mortai con pestelli di legno servivano per terere, tritare spezie, noci, mandorle, prezzemolo, maggiorana, agli. Un lavoro faticoso che necessitava pazienza e forza.

Il cuoco deve anche sapere come uccidere gli animali che dovrà cucinare. Dal Tractatus, come si uccide un’anatra:

Primo, cum baculo inter pedes strangulatur; et, ligatis pedibus in unco ferreo, per unam horam suspendatur. Deinde, peroptime plumetur, et in aqua bene calida balnetur ut ingrossetur, et in panno aspero fricetur; et depositis intestinis, peroptime lavetur. ( Per primo cosa, tenendola fra le gambe, va strangolata, poi legata per i piede ad un uncino di ferro, sospesa per un’ora. Poi ben spiumata, lavata in acqua calda, e sfregata in un panno ispido; tolti gli intestini, di nuovo lavata.)

…e poi sezionarla:

….membratim truncetur: primo, alas usque ad dorsum procedendo; deinde, coxas; post, duo latera; post, ventrem in tres partes et spinam dorsi similiter in tres partes dividendo. (Va divisa per membra: per prima cosa procedendo dalle ali verso il dorso; poi le cosce; poi, i due lati; poi il il ventre in tre parti e il dorso ugualmente dividendolo in tre parti.)

Le carni, poi, venivano tritate con grandi coltelli affilati, per farne pezzi minutas che servivano per fare salsicce, ripieni di ravioli o torte.

Insomma dovendo cucinare con così poco e con mezzi così elementari, rendiamo merito al cuoco che portava sulle tavole dei signori delle meravigliose prelibatezze. In verità la professione era considerata vile, di poco conto; il cuoco veniva rappresentato come un gran ubriacone, un po’ scansafatiche e talvolta intento a rubare dalla dispensa del padrone.

Una cucina medievale
Una cucina medievale